Gioco d’azzardo e pubblicità: da luglio il Belgio volta pagina

Con un decreto reale ora uscito in gazzetta ufficiale, Filippo del Belgio ha stabilito le nuove norme che, dal 1° luglio, regoleranno la pubblicità nel settore del gioco d’azzardo nel suo paese, in senso restrittivo.

Gioco e pubblicità: il Belgio fissa nuovi limiti

Parlamento belga e bandiera del Belgio

Gioco e pubblicità: in Belgio cambia tutto

Con un ritardo di qualche mese sulla iniziale tabella di marcia, il Belgio viaggia ora veloce verso l’annunciato giro di vite in materia di pubblicità sul gioco con vincita in denaro. Già nella scorsa estate, il progetto di legge di una forte limitazione alla pubblicità sul gioco in Belgio era transitato in Commissione Europea, per il classico periodo di “Stand Still”.

Gli iniziali 3 mesi erano diventati 4 per l’opposizione di Malta, ma dal settembre scorso Bruxelles ha dato via libera e oggi, a poche settimane dall’uscita in gazzetta ufficiale del regio decreto, possiamo sapere cosa succederà dal 1° luglio. La ratio della legge è che solo le persone che cercano attivamente informazioni sul gioco d’azzardo e/o che desiderano giocare trovino i relativi annunci pubblicitari.

Non è un divieto, ma gli assomiglia molto. Vi rientrano tutti i tipo di giochi, tranne Lotterie Nazionali e Gratta e Vinci. La ragione è il loro minor rischio dipendenza, secondo uno studio interpellato, rispetto agli altri giochi: il rischio per le lotterie sarebbe del 6,8%, del 7,1% per i grattini e poi a salire poker 12,2%, scommesse 17,7%, giochi da casinò 22,7%, slot 26,2%.

Il Belgio vieta, l’Italia verso il passo indietro?

Come ben sappiamo, nel 2018 l’Italia fu il primo dei grandi paesi europei a vietare ogni tipo di pubblicità sul gioco, con le norme contenute all’interno del Decreto Dignità. Nonostante qualche sanzione esemplare come la recente multa da 750mila euro comminata da AGCOM a Meta, questa norma ha provocato da subito molte critiche non solo da parte del comparto gioco.

Il fatto che il settore del gioco vale da solo circa l’1% del PIL nazionale italiano non basta a comprendere i limiti dell’attuale legge, che mira a proteggere i più fragili ma nella sostanza non lo fa abbastanza, anche perché chi cerca spasmodicamente le emozioni forti del gioco può rivolgersi a operatori off-shore, con tutto ciò che ne consegue in termini di minore sicurezza.

I nuovi orientamenti della ricerca medica indicano come priorità non quella di “non fare giocare”, ma di “non fare ammalare”. Sembra che uno dei primi provvedimenti sarà un ritorno – molto soft – della pubblicità delle aziende gaming nel calcio. Il futuro, tuttavia, è in un sistema di assistenza sanitaria molto più vicino ai giocatori problematici e alle loro famiglie.

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