“Libero” informa male e il gambling ne paga le conseguenze
Il quotidiano fondato e diretto da Vittorio Feltri fornisce ai propri lettori informazioni parziali sul gioco d’azzardo italiano. Il settore gambling è nuovamente screditato e messo in cattiva luce dai nostri giornali nazionali, attraverso dati non completi o male interpretati che non giovano a nessuna delle parti in causa.
I dati pubblicati dalla testata
“Gli italiani spendono per giocare d’azzardo quanto per mangiare”. Ecco l’ennesimo titolo ad effetto di “Libero”, come sempre appositamente studiato per attirare quanti più possibili lettori con un semplice strillo. Ancora una volta uno dei nostri maggiori quotidiani nazionali punta al sensazionalismo, dimenticando il suo vero scopo: quello di informare correttamente il proprio pubblico. Ed in effetti, i dati relativi al gioco d’azzardo che sono stati divulgati dall’editore risultano ancora una volta incompleti e parziali.
L’articolo in questione fa riferimento alla spesa totale sostenuta dagli italiani nel settore gambling e paragona a stretto giro i 107 miliardi di euro investiti dai nostri giocatori per tentare la fortuna ai 130 miliardi utilizzati dai cittadini per acquisti di beni di prima necessità come il cibo. “Libero” dimentica però di fornire una panoramica completa della reale situazione, non menzionando gli 87 miliardi di euro che sono tornati nelle tasche degli italiani dagli investimenti sullo stesso gioco.
Non viene dunque presa in considerazione la cifra precisa della raccolta totale relativa al settore d’azzardo, pari a 20 miliardi di euro totali: una spesa dunque nemmeno minimamente paragonabile a quella relativa al settore alimentare.
La presunta pericolosità del gioco d’azzardo online
Sempre il quotidiano “Libero”, come ripreso poi in altri aricoli, mette in guardia i propri lettori enfatizzando i rischi che possono derivare da una regolare attività di gioco sui siti di casinò e scommesse sportive presenti attualmente in Rete, evitando accuratamente, ancora una volta, di fornire dati e chiarimenti che possano portare ad una comprensione più completa del fenomeno. Non manca invece, nel pezzo firmato da Emilia Urso Anfuso, la citazione di un (e uno solo…) operatore virtuoso.
Nessuna menzione, per esempio, viene data al fatto che la spesa per i casinò online e i siti di betting costituisca soltanto il 7% del mercato totale nel settore del gambling nazionale, come del resto non viene fornita nessuna analisi relativamente alle conseguenze positive che la legalizzazione dell’azzardo online, iniziata a partire dal 2008 con il poker in modalità a torneo, ha portato per le tasche dell’erario e per la salute dei nostri connazionali giocatori. Questa pratica ha infatti favorito l’emersione di un sommerso e la regolamentazione di un’attività che veniva in ogni caso praticata, e in maniera illegale. Per giocare online, oggi, che si tratti di poker, casinò o scommesse sportive, occorre peraltro dimostrare la maggiore età tramite invio dei documenti.
Nello scorso ottobre, infine, una ricerca presentata dall’Istituto Superiore di Sanità ha indicato in 18.5 milioni il numero di italiani che ha giocato almeno una volta: quasi la metà di quelli indicati dal quotidiano di Vittorio Feltri.
Ancora una volta un settore intero viene penalizzato da un modo di informare che punta esclusivamente sul marketing della notizia.