Pubblicità al gioco: in arrivo abolizione del Decreto Dignità

Una settimana in più o in meno non cambia molto, nelle aspettative di un settore che attende questo momento da quasi 7 anni. Parliamo del divieto di pubblicità al gioco e della sua sempre più probabile abolizione.

Divieto di pubblicità al gioco: abolizione a giorni

Televisore e partita di calcio 

Dopo quasi 7 anni, torna la pubblicità sul gioco? 

Il giorno della verità doveva essere il 26 febbraio scorso, ma in Commissione Cultura del Senato non si è discusso dell’atto di indirizzo proposto dal Senatore Paolo Marcheschi (Fratelli d’Italia) sulla riforma complessiva del calcio italiano. Al suo interno c’erano anche tutte le ipotesi di reintroduzione della pubblicità sul gioco e le scommesse che il Governo Meloni aveva messo nel mirino da diverso tempo.

Come capita spesso nelle tempistiche parlamentari, il 26 febbraio si è riunita soltanto la commissione ristretta e la discussione vera e propria è stata rinviata ai primi di marzo, ovvero alla settimana appena iniziata. Si tratta di un provvedimento controverso quanto complesso, il cui documento di sintesi in discussione è frutto di una lunga serie di audizioni, avvenute con molti tra gli attori interessati.

Nelle audizioni risultano infatti interpellati media come DAZN e Sport Mediaset, società calcistiche come Juventus e Verona, il CONI, le leghe professionistiche di A e B, legali esperti di diritto sportivo, dirigenti sportivi e bancari e l’azienda pubblica Sport e Salute. Nel mirino c’è una riorganizzazione globale del calcio, nella quale i soldi di sponsorizzazioni e pubblicità provenienti dall’industria del gioco pubblico sono un asset fondamentale.

Gli schieramenti e gli scenari possibili

Come abbiamo detto già in altre occasioni, era prevedibile che l’esecutivo avrebbe insistito sul punto, anche perché difficilmente si sarebbe intrapresa una strada come quella del forte innalzamento del costo delle nuove concessioni, aumentate di circa 28 volte fino a 7 milioni di euro ciascuna nel decreto di riordino del gioco online, senza una qualche apertura agli operatori sulla possibilità di fare marketing.

Sul versante del no figurano l’opposizione PD-M5S, le associazioni di consumatori e anche buona parte della stampa schierata contro il governo, che ha messo in evidenza una certa incoerenza con quanto la Premier sosteneva diversi anni fa. Il problema, però, è proprio cosa è successo dal 2018: divieto inefficace contro le ludopatie e che ha fatto perdere circa 100 milioni l’anno al calcio italiano.

Con una parte di quei soldi, peraltro, è previsto che verrà istituito un fondo per costruzione di nuovi stadi ma anche per prevenire le ricadute sociali del fenomeno, inevitabili ma da combattere laicamente e senza pregiudizi. Su questo hanno puntato forte il Ministro Abodi e la FIGC di Gabriele Gravina, grande sponsor del ritorno della pubblicità. Il via definitivo questa settimana, con il possibile avvio di una autoregolamentazione sul modello inglese.

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