I migliori draft NBA di sempre

La “lottery” è uno dei momenti più spettacolari della stagione extra-campo del basket americano, e una scelta giusta può cambiare la storia di una squadra per sempre. Ecco le annate più incredibili nella storia NBA.

Draft NBA più forti, la classe del 1984

Il draft NBA è l’appuntamento nel quale ogni anno, dal 1947, le trenta franchigie della lega di pallacanestro statunitense inseriscono nel loro roster uno o due nuovi giocatori provenienti dal basket universitario e, ormai da diversi anni, anche da leghe professionistiche internazionali, G League (il secondo campionato NBA, una sorta di Serie B) e competizioni giovanili.

Nel tempo il processo ha subito degli aggiustamenti, delle trasformazioni, il più importante dei quali è stato quello che ha bloccato la possibilità per i giocatori di saltare dalle scuole superiori direttamente al basket professionistico, saltando a piè pari il basket universitario: è quanto fatto, ad esempio, da Kobe Bryant e Lebron James, ma non è più possibile dal 2006.

Giocatori di basket, scritta Draft

I draft NBA passati alla storia

I draft, ad ogni modo, sono un momento decisivo in quanto possono fare la fortuna di una franchigia, alterandone la sorte in maniera eterna. Pensate ad esempio alla chiamata dei Chicago con Michael Jordan, a quella di Cleveland con Lebron James, dei Lakers con Kobe Bryant. Chiamate che hanno trasformato dei ragazzini senza esperienza in cosiddetti “giocatori-franchigia”, portando squadra come Bulls e Cavaliers a vincere i loro primi e unici titoli di sempre.

In questo pezzo proveremo a fare quindi l’impossibile: determinare il migliore draft mai visto, per talenti selezionati, nella storia del basket NBA. Un’impresa difficilissima, ma anche molto affascinante, un viaggio nel tempo, dentro le Lottery più clamorose.

La battaglia, è opinione comune fra tecnici, giocatori, esperti e giornalisti, è fra due annate semplicemente stellari: 1984 contro 2003. Stiamo parlando, in questi due casi, di draft clamorosi, con giocatori che avrebbero, che hanno fatto, la storia di questo sport, ma che ovviamente, nel momento della chiamata, non potevano ancora sapere quello che il destino aveva in serbo per loro.

Il draft del 1984 si tiene il 19 giugno al Madison Square Garden di New York. Al numero 1 viene scelto, dagli Houston Rockets, un giocatore che diventerà uno dei più grandi centri nella storia NBA, se non il più grande in assoluto: il nigeriano, poi di passaporto anche statunitense, Akeem Olajuwon. Al numero 2 c’è un buco nero, quella che addirittura, secondo una classifica stilata dal network ESPN nel 2005, è la peggiore chiamata di sempre a un draft: Sam Bowie, scelto dai Portland Trail Blazers.

Portland aveva disperato bisogno di un centro all’epoca e vistosi soffiare Olajuwon> da Houston, scelse di puntare su questo ragazzo dai buoni numeri, ma che già all’università era stato tormentato dagli infortuni, e che costelleranno anche la sua carriera NBA.

Quella di Portland, vista con gli occhi di oggi, fu una scelta assurda soprattutto se pensiamo a chi venne chiamato con la pick numero 3 dai Chicago Bulls: Michael Jordan.E allora viene da dire che va bene, Portland, che ti serviva un centro, ma forse valeva la pena puntare più sul talento, che sulla necessità, e di talento in quel draft ce n’era tanto.

Jordan divenne poi nel giro di qualche anno uno degli atleti più famosi del pianeta, universalmente riconosciuto come il più grande giocatore di pallacanestro della storia, sei volte MVP delle finali, cinque volte il premio MVP della regular season, quattordici volte All-Star e si potrebbe continuare all’infinito.

Ma c’è di più. Perché in quel draft, nel draft NBA del 1984, c’era anche Charles Barkley, MVP 1993, preso alla numero 5 da Philadelphia e poi diventato una delle più grandi ali piccole di questo sport. E ancora, nella lottery dell’84 c’era pure John Stockton, scelto con la chiamata numero 16 da Utah Jazz e ancora oggi detentore dei record per il maggior numero di assist e palle rubate in carriera, rispettivamente 15806 e 3265.

Stockton non riuscì a vincere l’anello di campione, ma con Karl Malone formò una coppia destinata a rimanere nella storia dell’NBA e giocò due finali, 1997 e 1998, le uniche mai giocate dai Jazz, contro i Chicago Bulls. In totale, nel conteggio finale, i titoli di MVP messi insieme dalla classe di draft del 1984 ammonta a 7: un record assoluto.

Draft 2003, uno dei più talentuosi

Ecco, se c’è un’annata che può davvero mettere in difficoltà nella scelta del draft più talentuoso di sempre, è quella del 2003. Certo, per alcuni anche quella del 1996, dove vennero scelti Allen Iverson, Stephon Marbury, Ray Allen, Kobe Bryant, è stata straordinaria, e sicuramente va menzionata fra le migliori di sempre.

E ancora, non si può certo dimenticare la 2009, da cui uscirono Blake Griffin, James Harden, Stephen Curry. O quella del 1985, con Pat Ewing, Joe Dumars, Karl Malone, Chris Mullin. Ma la profondità del draft 2003 le batte tutte, meno soltanto (forse) la già citata, incredibile, lottery del 1984.

Nel 2003, la chiamata numero 1 fu per Lebron James, un ragazzo prodigio che all’epoca era già considerato un giocatore che avrebbe fatto la storia di questo sport: promessa decisamente mantenuta con il record assoluto di punti segnati in NBA, quattro titoli MVP, quattro anelli e soprattutto l’essersi issato a unico sfidante di Michael Jordan nel dibattito fra esperti relativo al più grande giocatore di sempre.

Ma in quel draft c’era molto, molto altro. Al numero 2, una chiamata non roboante, ma comunque funzionale: Darko Milicic, onesto centro serbo preso dai Detroit Pistons (con i quali vincerà addirittura il titolo nel 2004, seppure con una media di meno di 4 minuti a partita) e che si costruirà poi una solida carriera NBA durata fino al 2012.

Sotto però, c’era da divertirsi. Al numero 3, Carmelo Anthony, preso dai Denver Nuggets. Al numero 4, Chris Bosh, preso dai Toronto Raptors. Al numero 5, Dwayne Wade, preso dai Miami Heat. E ancora, al numero 6, Chris Kaman, preso dai Clippers, giocatore sicuramente meno influente dei tre appena menzionati ma comunque un All Star con una carriera NBA durata tredici anni e giocata sempre da titolare, ovunque sia andato.

Insomma, è questione di gusti, ma il draft 2003 è stato davvero straordinario, l’unico in grado di potersela giocare, seppure perdendo, con l’incredibile generazione del 1984.

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