Il caso doping di Sinner e i precedenti più recenti di casi simili
Jannik Sinner è stato riconosciuto innocente e potrà continuare a giocare senza squalifiche. Ad altri tennisti, però, è andata molto peggio e per questo c’è chi chiede a gran voce equità.
Doping Sinner, due pesi e due misure
Del caso doping che ha coinvolto Jannik Sinner si è scritto e detto moltissime in queste settimane. Risultato positivo al Clostebol, un farmaco steroide anabolizzante, il tennista altoatesino è stato scagionato dopo che l’inchiesta dopo che l’agenzia ITIA ha verificato come da parte sua non vi siano stati “errori o negligenze” in merito all’assunzione di questa sostanza.
Nonostante questo le polemiche, inevitabilmente, non hanno tardato a montare, con Sinner che ha addirittura deciso di chiudere la collaborazione con il fisioterapista Giacomo Naldi e il preparatore Umberto Ferrara, in qualche misura responsabili di aver “contagiato” Jannik con il Clostebol.
Ciò di cui si è discusso di più, e che ha sollevato il maggior numero di dubbi, non riguarda tanto la positività di Sinner o il fatto che il ragazzo possa avere assunto volontariamente steroidi anabolizzanti, quanto il trattamento ricevuto.Se sul fronte del doping, infatti, le quantità rilevate sono state così minime da non poter nemmeno immaginare un’assunzione a fini di miglioramento sportivo, è effettivamente chiaro come il numero 1 del ranking ATP sia stato, in qualche misura, più tutelato, rispetto a casi che in passato hanno visto altri tennisti e tenniste nelle sua stesse condizioni.
Un esempio solare di come sia necessario fare ordine nella gestione delle positività nel tennis è, ad esempio, quello di Simona Halep. La tennista romena era stata trova positiva agli US Open del 2022 al Roxadustat, una sostanza proibita che migliora la risposta naturale del corpo nei momenti di bassa ossigenazione del sangue. In pratica un doping che agisce soprattutto sulla resistenza, in quanto aiuta a produrre più eritropoietina, la famosa EPO, un ormone della crescita.
Al di là della diatriba sulla colpevolezza o meno di Halep (qui si può leggere un’attenta ricostruzione di quanto accaduto), peraltro riabilitata proprio pochi mesi fa dalla Corte Arbitrale dello Sport, nel suo caso a fare scalpore sono stati i tempi, davvero lunghissimi, del procedimento, con una sospensione immediata subito dopo aver rilevato la positività.
L’ITIA, insomma, è nella bufera non tanto, o non solamente, per aver permesso a Sinner di farla franca (giustamente, nell’opinione di chi scrive), ma per la scarsa capacità di operare in maniera rapida e omogenea sui casi di doping.
Da questo punto di vista un altro caso molto discusso nel tennis dell’ultimo biennio è quello dello svedese Mikael Ymer, venticinquenne svedese squalificato per 18 mesi non in quanto trovato positivo, ma a cause di tre test anti-doping saltati. Ymer, che era stato inizialmente prosciolto, ha deciso, polemicamente ma anche perché molto provato dalla vicenda, di ritirarsi definitivamente dal tennis, nonostante, al momento della sospensione, fosse in top 50 nel ranking ATP.
La questione Clostebol-Italia, il caso Sharapova
La questione Sinner ha aperto tutto un caso a sé relativo al Clostebol e ai casi di positività a questa sostanza riscontrati negli sportivi, in Italia, negli ultimi anni, addirittura 38. Trattandosi infatti di una pomata cicatrizzante da banco, acquistabile dunque senza ricetta medica nel nostro paese, non sempre è facile né, da una parte, controllare le contaminazione né, dall’altra, ricostruirne con efficacia il tracciato.
Fra le positività più note a questa sostanza troviamo quella del cestita Riccardo Moraschini nel 2021, poi condannato a un anno, quella di José Palomino, difensore dell’Atalanta, assolto per assunzione involontaria, quella di Lucioni, difensore del Benevento del 2017-2018, poi condannato a un anno di stop.
Il Clostebol era una sostanza utilizzata, storicamente, dagli atleti della DDR nella Germania Orientale, prima della caduta del muro. L’Italia oggi è praticamente l’unico paese al mondo in cui si rilevano così tante positività a questa pomata, legate appunto alla commercializzazione, relativamente molto diffusa, della pomata cicatrizzante Trofodermin.
Tornando al tennis, un caso di tennista top rimasta impigliata nelle maglie del doping è quello di Maria Sharapova, che nel 2016 venne trovata positiva al meldonium, ammettendone di farne uso in quanto non consapevole fosse doping, e per questo squalificata per quindici mesi.
In qualche modo “mitici”, invece, i casi di due tennisti, il grande André Agassi e il talentino francese, mai davvero esploso Richard Gasquet. Entrambi, nel 1997 l’americano, nel 2009 il transalpino, vennero trovato positivi a due sostanze non effettivamente miglioranti delle prestazioni, ma comunque vietate, anche se droghe “di intrattenimento”: metanfetamine per Agassi, cocaina per Gasquet.
Lo statunitense venne punito per soli tre mesi, e ammise però anni dopo, nella sua autobiografia, di aver effettivamente ingerito un alto quantitativo di metanfetamine nel periodo della positività, come antidepressivi. Gasquet invece fermato per sei mesi dopo aver dichiarato, e venendo creduto, di essere stato contaminato dopo aver baciato una ragazza in un night club di Miami. Storia, c’è da ammetterlo, di un certo livello.