Il miracolo del Brest: dai bassifondi della Ligue 1 fino alla Champions League
Qualcuno lo chiama il nuovo “caso Leicester”, tratteggiando un parallelo con la squadra che nel 2016 riuscì a conquistare la Premier League, contro ogni pronostico. Ma la storia del club bretone del Brest è molto più particolare.
Brest, calcio “dal basso”
Durante la Seconda Guerra Mondiale la città di Brest, un centro nel quale oggi vivono 140.000 persone, posizionato sulla punta occidentale della regione bretone, fu teatro di una delle battaglie più dure e cruente di tutto il conflitto.
Le forze Alleate consideravano il porto di Brest uno snodo decisivo per l’approvvigionamento delle truppe nel disegno complessivo di invasione dell’Europa Occidentale. Da qui la decisione di attaccare l’esercito tedesco per la conquista della cittadina bretone, una battaglia che avrebbe lasciato sul campo diecimila soldati, fra morti e feriti, e che soprattutto distrusse, radendola praticamente al suolo, l’intera Brest, ricostruita poi con i miliardi di franchi tedeschi versati dalla Germania dopo gli accordi riparatori post conflitto.
Anche lo Stade Brestois 29, più comunemente noto come Stade Brestois o Brest, ha dovuto ricostruirsi dalle ceneri dopo essere stato praticamente raso al suolo. Nel 1991, infatti, una bancarotta cancellò la squadra dalla mappa del calcio professionistico francese, costringendola a ripartire dal Campionato Francese Amatoriale.Per tredici lunghi anni il Brest sarebbe così rimasto a navigare nei bassifondi delle categorie inferiori, fino alla promozione, nel 2004, in seconda divisione, anche grazie alle prestazioni di un giovane Frank Ribery. Da quel momento in avanti la squadra bretone viaggia avanti e indietro tra Ligue 2 e Ligue 1, non andando mai oltre delle salvezze striminzite, quando in prima serie, e alternando, in Ligue 2, stagioni di risalita a mediocri decimi posti.
Poi però, nel 2016, cambia qualcosa. Arriva infatti alla presidenza Denis Le Saint, imprenditore di successo, insieme al fratello, nel settore della distribuzione di frutta e verdura, abituato a costruire impresa con un capitale economico limitato. Con Le Saint arriva una cultura del lavoro diversa, ma anche una maniera di fare calcio sorprendente.
Il nuovo presidente infatti non lavora sull’ingaggio di calciatori famosi, ma sul miglioramento delle strutture esistenti e, soprattutto, sull’idea che l’elemento fondamentale, quello sul quale radicare le basi di un club di prospettiva, sia la costruzione di un senso di comunità.
La società investe così sui campi da gioco, che finalmente smettono di essere i pantani fangosi sui quali per decenni si sono allenati i tesserati del club bretone, e si trasformano in tappeti d’erba ibridi di ultima generazione. E poi lavora sulla costruzione dell’identità, sull’orgoglio del rappresentare una realtà unica, un po’ lontana da tutto e tutti, geograficamente, come Brest.
La riorganizzazione tecnica del Brest
Il vero colpo a sorpresa della gestione Le Saint arriva però nel gennaio 2023. Il Brest naviga in zona retrocessione, la squadra sembra spenta, la sensazione, evidente, è che dopo tre anni di Ligue 1, i bretoni siano destinati a scendere nuovamente in seconda divisione.
Per provare a invertire la rotta il presidente si inventa allora una mossa assolutamente inattesa: la chiamata in panchina di Eric Roy. Centrocampista di fatica senza infamia e senza lode della Serie A francese anni Novanta, Roy, quando viene messo sotto contratto dal Brest, non allena da dodici anni.
La sua ultima, e unica, esperienza alla guida di una squadra è datata 2011, diciotto mesi di alti bassi al Nizza, chiusi con una percentuale di vittorie del 31%: 22 successi, 25 pareggi e 23 sconfitte in 70 partite. Da lì in avanti lavora come opinionista sportivo per la televisioni francese, a parte due periodi come direttore sportivo del Lens prima e del Watford, in Inghilterra, poi.
Per tifosi ed esperti insomma l’idea di affidargli le chiavi di una squadra sull’orlo del baratro sembra completamente folle e lo stesso Roy, quando gli viene chiesto se si aspettava la chiamata, dichiara che “non credeva che un giorno sarebbe tornato ad allenare”.
Eppure, la scommessa paga. Roy porta il Brest alla salvezza, chiudendo al quattordicesimo posto grazie a quindici risultati utili in ventuno match. L’anno scorso, poi, confermato dopo l’ottima mezza stagione del 2023, compie un vero e proprio miracolo, portando il club bretone fino al terzo posto, miglior risultato nella storia nel Brest, e qualificandolo alla Champions League: una vera e propria impresa.
I successi del Brest non arrivano per caso, ma sono frutto di un’impostazione sportiva molto precisa, che mostrano come Roy, diversamente da quanto ci si sarebbe aspettati, è un tecnico moderno e dai principi di gioco dinamici e raffinati. L’allenatore nizzardo infatti porta in Bretagna una struttura tattica che fa del ritmo, della pressione, dell’intensità, il suo elemento di distinzione.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione tattica, che a volte fa sembrare il Brest, e i suoi giocatori in campo, un gruppo di pazzi scatenati che rincorrono ovunque, a tutto campo, gli avversari. Roy, inoltre, fa suoi, nel profondo, i principi di identità trasmessi dal management del club, non chiede giocatori e anzi, lavora con un budget ridottissimo e con diversi elementi della formazione titolare che arrivano in prestito da altre squadre.
Per i tifosi è un sogno a occhi aperti, che continua peraltro anche in questa stagione. Il Brest, a lungo, è stato in lizza per qualificarsi direttamente agli ottavi della Champions. Dopo una rovinosa e inaspettata sconfitta contro lo Shaktar Donetsk, i bretoni sono invece stati costretti a giocare il playoff, perso poi nettamente contro il Paris Saint Germain.
Si è trattato, comunque, di una grande campagna europea per una squadra che si ipotizzava si sarebbe accontentata semplicemente di esserci, e che invece ha portato a casa quattro vittorie, fra cui i un prestigioso successo contro il PSV Eindhoven e un sonoro 4-0 fuoricasa rifilato al Red Bull Salisburgo.
Certo, anche tutti i sogni, anche i più belli, sono interrotti dai risvegli, e il Brest sta lentamente tornando alla realtà di una stagione nella quale le fatiche del doppio impegno cominciano a farsi sentire. Impantanato a metà classifica in Ligue 1, ma comunque a distanza di sicurezza da qualsiasi rischio retrocessione, la favola bretone è comunque destinata a un lieto fine.