La necessità di costruire un calcio sostenibile e come farlo
Oggi il calcio non è più un semplice sport, ma una delle nicchie di business più ricercate, con investitori sempre più potenti che cercano di accaparrarsi la loro fetta. Servono allora nuove regole, per evitarne il tracollo e proteggerne lo spirito.
Partire dalla sostenibilità ambientale
Il calcio moderno è una macchina da soldi sempre più ricca, e sempre più diseguale. Da una parte ci sono i grandi giganti del calcio europeo, che macinano introiti e generano, soprattutto in Premier League, ricavi da capogiro. Dall’altra le piccole società che, pur portando a casa, almeno sull’alto livello, dei gruzzoli comunque ragionevoli, devono combattere una battaglie che, sempre di più, non è per nulla ad armi pari.
La sostenibilità del calcio, insomma, è un tema sempre più importante per uno sport che rischia, se non si produrranno dei cambi radicali nel brevissimo periodo, di diventare sempre più un business esclusivo, a scapito della natura universalistica della pratica sportiva. Anche per questo motivo sono molti gli attori in campo, dall’UEFA alla FIFA, sino alle leghe nazionali (anche la Lega Serie A) e i club in maniera diretta, ad aver ragionato sul delle direttive strategiche in grado di produrre una sostanziale inversione di rotta.
I temi più caldi da affrontare sulla strada di un calcio sostenibile sono molto noti e proprio la UEFA ha deciso di partire dalla parte più “politica” del problema, quello legato alla sostenibilità ambientale. L’ente di governo del calcio europeo ha deciso di aderire alla campagna delle Nazioni Unite Race to Zero e per questo si è presa l’impegno di ridurre le emissioni di gas serra del 50% entro il 2030, per arrivare poi, entro il 2040, a quota zero.Per ottemperare a questo obiettivo la UEFA effettuerà un monitoraggio costante dell’impatto ambientale di tutti gli eventi UEFA, come Champions League ed Europa League, che si terranno nella stagione 2023/24. A partire dai dati raccolti svilupperà un cronogramma di riduzione delle emissioni e lavorerà insieme ai club e alle federazioni continentali affinché il rispetto dell’ambiente abbia uno spazio prioritario anche nelle regolamentazioni dei campionati nazionali.
L’importanza di questa iniziativa è ben rappresentata dai numeri, molto esemplificativi, delle emissioni prodotte dal solo campionato di serie A. Tenendo come riferimento la stagione scorsa, 2022/2023, il calcio italiano ha prodotto complessivamente ben 300 tonnellate rifiuti. A fare la parte del leone sono le bottigliette di plastica, che arrivano a contare per quasi 2 tonnellate della spazzatura prodotta durante le partite.
E poi c’è la questione energetica. Anche a causa delle condizioni obsolete in cui versano gli impianti sportivi italiani, oggi gli stadi, in una stagione da 20 partite, consumano oltre 1 milione di kilowatt l’anno, vale a dire l’energia necessaria per mandare avanti le case di tremila famiglie italiane. La situazione non migliora se si guarda alla dispersione idrica: il consumo, in questo caso, supera i centomila metri cubi d’acqua l’anno.
Calcio più sostenibile, dalle commissioni al salary cap
Un altro fattore decisivo per costruire un calcio sostenibile e più equo è quello legato al controllo dei procuratori e delle commissioni, due elementi che stanno lentamente logorando le società e che rischiano di far soccombere i club con disponibilità economiche più limitate.
Secondo i dati FIFA i procuratori, nel 2023, hanno incassato dalle società commissioni pari a circa 815 milioni di euro, una crescita enorme rispetto ai 600 milioni del 2022 e che che costituisce il quinto record consecutivo. Sulla questione dei procuratori e delle relative commissioni da tempo i club chiedono un intervento sostanziale da parte di FIFA e UEFA, ma poco è stato fatto.
Le proposte che garantirebbero senza dubbio una maggiore sostenibilità del calcio partono, innanzitutto, dall’imposizione di un tetto massimo alle commissioni che agenti, intermediari e procuratori possono ricevere sui trasferimenti. Oggi queste commissioni arrivano sino ad oltre il 10% del valore del giocatore, mentre una percentuale equa dovrebbe attestarsi intorno al 5%.
Un tetto, intorno al 3%, andrebbe istituito anche per le commissioni ricevute dagli agenti sui contratti dei calciatori. Oggi, a volte, si sfiora, come per i trasferimenti, il 10%. Dall’altra parte, per non scontentare nessuno, si potrebbe aprire agli agenti la possibilità di incassare delle percentuali anche da accordi esterni al contratto sportivo, come i diritti di immagine o le sponsorizzazioni.
Infine, sarebbe importante istituire rapidamente un registro delle commissioni, o comunque un’obbligatorietà di comunicazione delle percentuali ricevute dai procuratori a tutti gli enti di governo del calcio, falla Fifa all’Uefa, sino alle federazioni nazionali.