Le migliori truffe del calcio: Ali Dia, Kaiser Raposo e gli altri

Esce nelle sale cinematografiche italiane il film sulla vita di Henrique “Kaiser” Raposo, brasiliano che non sapeva giocare a pallone, ma che riuscì a strappare contratti da calciatore professionista per quasi un ventennio. Il Kaiser è in buona compagnia: da Ali Dia al “nostro” Eriberto, sono tanti gli eroi del mondo del calcio disposti a mentire per guadagnarsi il loro posto al sole.

Il più grande non calciatore della storia

Per diventare calciatore professionista contano a volte di più le amicizie importanti che il talento. Lo sapeva bene Henrique Raposo, soprannominato Kaiser per una (vaga) somiglianza con il giovane Beckenbauer. Il fisico lo aveva, la tecnica proprio no, ma di giocare davvero a calcio gli interessava poco. Quello che voleva era fare la vita del calciatore: strappare contratti importanti, frequentare belle donne e festini esclusivi. A questo scopo si era costruito una rete di amicizie con importanti calciatori brasiliani come Romario, Renato Portaluppi, Edmundo, Careca, conosciuti nelle giovanili e con i quali aveva stretto solidi legami. Grazie alle loro raccomandazioni (in cambio delle quali offriva coperture e alibi alle mogli e ai dirigenti sportivi) riuscì tra il 1982 e il 1992 a vestire le maglie dei club brasiliani più importanti, come Botafogo, Flamengo, Fluminense e Vasco da Gama, e ad assaggiare anche campionati stranieri come quello messicano (Puebla, America) e francese (Ajaccio). Il tutto senza mai scendere in campo.

Perché il suo tocco di palla non propriamente eccelso non venisse scoperto, Raposo fingeva infortuni muscolari che gli impedivano per un certo periodo di calcare i campi da gioco. “All’epoca non esisteva la risonanza magnetica: era la parola mia contro quella del medico”, ricordava beffardamente il Kaiser, che, grazie ad una rete di amicizie estesa ai giornalisti, riusciva ogni volta a costruirsi una buona reputazione: una sorta di fake news vivente ante litteram. La sua carriera di non-calciatore è diventata ora un film dal titolo «Kaiser. Il più grande truffatore della storia del calcio», presentato al Tribeca Film festival e in uscita anche in Italia.

”Ali Dia is a big liar”

Ali Dia con la divisa del Southampton e uno stadio affollato durante una partita

Ali Dia riuscì a giocare una partita col Southampton fingendosi cugino di George Weah.

Più breve ma altrettanto gustosa fu la truffa orchestrata dal senegalese Ali Dia, classe 1965 e un passato non glorioso in categorie minori francesi. Siamo nel 1996 quando all’improvviso ebbe il colpo di genio: fece telefonare da un amico al manager del Southampton, Graeme Souness (per lui un passato da giocatore alla Samp e da allenatore al Toro). L’amico, spacciandosi per George Weah, all’epoca pallone d’oro in carica, consigliò ai Saints di ingaggiare suo cugino, Ali Dia appunto, talentuoso attaccante con un passato al PSG e 13 presenze con la nazionale senegalese.

Souness accettò e a Dia fu sottoposto un contratto di prova per un mese. I compagni di squadra capirono subito che il buon Ali di talento ne aveva poco, ma il manager scozzese inspiegabilmente diede credito al senegalese e lo convocò per la partita di Premier contro il Leeds, per la quale inizialmente si accomodò in panchina. Al 32′ però Matthew Le Tissier chiese la sostituzione e Souness decise di far entrare Dia. L’attaccante senegalese pascolò per un’ora scarsa per il campo senza sapere cosa fare, tanto da costringere l’allenatore a sostituirlo a sua volta. Lo stesso Le Tissier descrisse quei 53 minuti di gioco di Dia con queste parole:

È stata la cosa più imbarazzante a cui abbia mai assistito. Sembrava di vedere Bambi pattinare sul ghiaccio.Matthew Le Tissier, ex calciatore inglese

Il contratto venne rescisso il giorno successivo. La storia ha comunque un lieto fine: Ali Dia decide di darsi allo studio, consegue una laurea in informatica e riesce comunque a far carriera, anche se in un altro settore, in Inghilterra.

Luciano, per gli amici Eriberto

Arriviamo in Italia per una storia che tanti tifosi del Belpaese sicuramente ricorderanno. Luciano Siqueira de Oliveira era un ragazzo brasiliano povero, ma con talento e coraggio. Già ventunenne, nel 1996, per entrare nelle giovanili del Palmeiras rimediò un documento d’identità falso, a nome Eriberto Conceição da Silva, data di nascita 21 gennaio del 1979, che gli toglieva 4 anni e gli consentiva così di avere la sua chance. Il giovane Luciano fece strada: lo notarono scout italiani, che lo fecero approdare al Bologna, per poi passare al Chievo dei miracoli, dove la sua carriera esplose definitivamente.

Nell’estate del 2002 ebbe una crisi di coscienza, complice la nascita di un figlio al quale voleva passare il suo vero cognome, e confessò pubblicamente tutta la verità lasciando l’Italia del calcio a bocca aperta. Dopo una squalifica di sei mesi tornò a vestire la maglia del Chievo con il suo vero nome. Una parentesi all’Inter e poi ancora tanto Chievo, fino a concludere la carriera con la maglia del Mantova. Oggi lo troviamo felice vice-allenatore della primavera dei clivensi.

Akcelrod e Darbo: le truffe nell’era di internet

Fin qui abbiamo parlato di storie che appartengono ad un’epoca nella quale non era possibile verificare le carriere dei giocatori grazie ad internet. Tuttavia, anche da quando il world wide web è entrato nella nostra vita, non sono mancati coraggiosi calciatori-falsari. Uno dei più incredibili, e recidivi, è Alieu Darbo, che fu presentato dal Crotone nell’estate del 2014: lo raccomandava nientepopodimeno che il Bayern Monaco, con l’offerta di riscattarlo dopo una stagione in Calabria. Dopo pochi giorni, lamentando offese razziali, si svincolò per aggregarsi alla squadra di serie B svedese Landskorna Bols: evidentemente qualcuno aveva scoperto la truffa. Utilizzando lo stesso canovaccio, pare che abbia girato club di mezza Europa: Paok Salonicco, Dinamo Zagabria, Nybergsund, Naxxar Lions e pure squadre in Algeria ed Egitto.

Clamorosa anche la storia di Gregory Akcelrod. Il calciatore francese millantò un passato al PSG con un soprannome, Gregorinho, che parlava da solo, allegando un fascicolo con fotomontaggi al suo curriculum destinato ai dirigenti del CSKA Sofia. Che ci cascarono in pieno, facendogli firmare un contratto triennale. Pochi giorni dopo, però, fu un tifoso del club bulgaro a svelare la truffa e costringere il buon Akcelrod al licenziamento.

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