Le peggiori cadute dei club storici di Serie A: dal top alla retrocessione
Tutti ricordano la stagione in B della Juve dopo lo scandalo calcioscommesse, ma sono moltissime le cadute inattese in Serie A che hanno obbligato società prestigiose a ripartire dalla serie cadetta. Ecco una carrellata.
La Vecchia Signora riparte dal basso
Retrocessione. Già la semplice sensazione trasmessa da questa parola porta con sé un senso di punizione, di sofferenza, di patimento, l’essere schiacciati verso il basso da una forza superiore, l’essere costretti a dichiararsi, a considerarsi, inferiori.
Questa, in fondo, è la legge dello sport. Nella cultura sportiva si accetta infatti il verdetto del campo in quanto rappresentazione ineluttabile della propria dimensione, e in questo senso scendere di categoria, attraverso il processo di retrocessione, è uno dei momenti di calcio più umilianti e allo stesso tempo più puri che esistano.
Quanto possa rivelarsi difficile giocare per evitare di andare in Serie B è in qualche modo ben rappresentato anche dall’espressione “lotta per la salvezza”, che già di per sé fa venire in mente battaglie guerresche, assalti alla baionetta, difficili trasferimenti di truppe nella pioggia d’inverno. Bisogna insomma essere pronti ed è per questo che, nella storia delle retrocessioni più inattese della Serie A, a volte si trovano casi davvero incredibili.
Trovarsi invischiati nella competizione per non retrocedere, quando si era iniziata la stagione pensando magari di andare in Europa, in casi nei quali si è passata l’annata alternando campionato e Champions League, è un vero e proprio tormento: bisogna essere abituati, infatti, a lottare ai piani bassi dell’inferno, ed è chiaramente difficile camminare nel fango in abito da sera.
Quella della Juventus alla fine del 2006 è la retrocessione recente più roboante di tutte, in quanto portò la squadra che aveva dominato la stagione, con 91 punti e una sola sconfitta, e sulla cui ossatura l’Italia era andata a vincere il Germania il suo quarto Campionato del Mondo, dritta in Serie B.
Non si trattò, però, di un dramma consumatosi sul campo e per questo sono altre le retrocessioni che possono essere considerate come “storiche” e inattese. Andando indietro di una decina d’anni, una caduta davvero inattesa fu ad esempio quella della Sampdoria nella stagione 2010/2011.
I blucerchiati arrivavano da un’annata, la 2009/2010, nella quale si erano issati fino al quarto posto e in cui erano andati a giocare, perdendolo, il preliminare di Champions. Alla fine di dicembre navigano a metà classifica, in acque tranquille: non stanno ripetendo quanto di buono fatto nel campionato precedente ma non sembrano esserci segnali che possano far immaginare il repentino crollo della situazione cui si assisterà nei mesi successivi.
Ad aprire una ferita profondissima nella rosa Samp sono le cessioni, nel mercato invernale, della coppia dei sogni Cassano-Pazzini. Il barese ha litigato con il presidente Garrone mentre l’ex atalantino è stato sacrificato sull’altare di un’offerta da 12 milioni di euro più il cartellino di Biabiany: è la fine.
Cominciano a fioccare le sconfitte, salta la panchina di Di Carlo, arriva Cavasin ma l’emorragia di risultati non si ferma: alla penultima giornata, un anno dopo aver raggiunto uno straordinario quarto posto, la Sampdoria va in Serie B.
Finisce la favola del Chievo
Il campionato post Calciopoli fu uno dei più equilibrati della storia recente del campionato italiano. La distanza fra la squadra terzultima classificata e l’undicesimo posto, a fine stagione, sarà infatti di appena quattro punti (39 a 43) e le spese dirette di questa grande incertezza le farà il Chievo Verona, retrocesso dopo aver giocato i preliminari di Champions a inizio stagione e dopo un’annata, la 2005/2006, che aveva chiuso, prima delle penalizzazioni, al settimo posto.
Decisamente traumatica fu anche la retrocessione del Bologna nella stagione 2004/2005, sancita peraltro nella maniera più drammatica: una sconfitta nello spareggio salvezza nel derby contro i rivali storici del Parma. Succede tutto molto in fretta. Il 6 marzo infatti il Bologna vince a Udine per 1 a 0 (gol di Tare) ed è ottavo in classifica, a 36 punti, dieci punti sopra la terzultima.
Da quel, momento, però, la squadra allenata da Carlo Mazzone si ferma. La classifica si fa cortissima, il Bologna inanella pareggi e sconfitte e viene così risucchiato, giornata dopo giornata, nella parte bassa della competizione. A una giornata dalla fine i rossoblu sono ancora quartultimi a 41 punti, con il destino dunque nelle proprie mani, ma con Siena e Fiorentina dietro a 39 e 40 punti.
Nell’ultima giornata il Bologna non va oltre lo 0 a 0 casalingo contro la Sampdoria, mentre dietro vincono e così si ritrova a 42 punti, insieme al Parma. Lo spareggio è dolorosissimo. All’andata, a Parma, i bolognesi vincono 1 a 0 con un gol di Tare: sembra fatta. Il Parma però sbanca il Dall’Ara, quattro giorni dopo, con gol di Cardone e Gilardino e per i rossoblu è notte fonda.
Un’altra storia di tracollo, forse il più mitico di tutti, fra gironi d’andata e ritorno è quella del Verona 2001/2002 allenato da Alberto Malesani. A fine anno i veneti sono ottavi, giocano alla grande e in tanti parlano di “sorpresa della Serie a”.
Poi però undici sconfitte in diciassette partite, il quartultimo posto e il ritorno in Serie B per una squadra che in rosa, fra gli altri, poteva contare su Adrian Mutu, Alberto Gilardino, i futuri campioni del mondo Oddo e Camoranesi.
Infine, non si può non chiudere una carrellata che racconti le retrocessioni più inattese di sempre senza parlare della debacle della Fiorentina 1992/1993, la regina delle retrocessioni più assurde, un evento così incredibile che, se i Viola rigiocassero quel campionato altre cento volte, non riuscirebbero nemmeno, molto probabilmente, a scendere nuovamente.
Quella infatti è una Fiorentina piena di nomi importanti e che ha fatto un mercato di prestigio: a Batistuta infatti e sull’ossatura di una squadra che può puntare serenamente all’Europa sono stati aggiunti Effenberg, Brian Laudrup, Ciccio Baiano. In panchina, dopo il biennio tormentato del brasiliano Lazaroni, c’è Gigi Radice.
La Fiorentina è una squadra che gioca bene al calcio, il modulo di Radice è spregiudicato, ma funziona e così i Viola a dicembre arrivano addirittura al secondo posto e segnano raffiche di gol. Poi, però, dopo una sconfitta casalinga con l’Atalanta, Vittorio Cecchi Gori, in preda a manie di protagonismo, caccia l’allenatore.
Al posto di Radice arriva Agroppi e la Fiorentina inanella una serie infinita di pareggi e sconfitte, diciassette in tutto, e nemmeno l’arrivo di Chiarugi e Antognoni, chiamati a guidare la squadra negli ultimi quattro turni, nel tentativo disperato di evitare la Serie B, riesce a invertire la tendenza. La Fiorentina chiude terzultima a 30 punti, a pari merito con Brescia e Udinese (che resta però in Serie A per la differenza punti negli scontri diretti), e torna, dopo oltre 50 anni, in Serie B.