Tutto quello che c’è da sapere sul caso Denis Bergamini
La morte risale al 1989. Eppure l’iter giudiziario per chiarire le circostanze del decesso si chiuderà soltanto nel 2024, a 35 anni di distanza. Scopriamo insieme questo enigma avvolto da incongruenze, assurdità e colpi di scena
Bergamini, un suicidio poco convincente
Il 12 novembre 1989 è una giornata piovosa. Il Cosenza, a metà classifica nel campionato di Serie B, va a giocare a Monza. Donato Bergamini, per tutti Denis, scende in campo da titolare e resta in campo per tutti i 90 minuti. La sua, come sempre, è una prestazione di cuore e quantità, mentre fra i cosentini il gol lo mette a segno Michele Padovano, che in quella squadra è il miglior amico di Bergamini.
Bergamini all’epoca è uno dei beniamini dei tifosi, un giocatore che fa impazzire la curva per la dedizione che mette in campo, e anche per alcuni colpi non banali. Alla fine della stagione precedente la società, che aveva sfiorato la promozione in serie A, aveva rifiutato offerte importanti per Bergamini, arrivate da Fiorentina e Parma, che volevano portarlo nel massimo campionato italiano.
Qualche giorno dopo, il 18 novembre, succede qualcosa di inatteso. Di inatteso e orribile: Denis Bergamini muore. Ritrovano il suo corpo vicino a un paesino calabrese che si chiama Roseto Capo Spulico, riverso sulla Statale 106 Jonica. Le prime notizie non danno spazio a dubbi di sorta: si tratta di suicidio.Sul posto arriva Francesco Barbuscio, dei Carabinieri. Barbuscio parla con Raffaele Pisano, il camionista che dice di aver investito Bergamino dopo esserselo trovato in mezzo alla strada all’improvviso, e di averlo trascinato per una cinquantina di metri prima di riuscire ad arrestare la corsa del tir, carico di oltre 140 tonnellate di mandarini.
Cinquanta metri di trascinamento sull’asfalto, eppure Bergamini sembra uscito da una lavanderia, con i capelli sistemati, il vestito e le scarpe pulite, l’orologio che funziona perfettamente. No, qualcosa non va, è evidente. Non per il brigadiere Barbuscio: per lui è tutto ok, la storia del suicidio funziona.
Continua a funzionare anche quando il camionista racconta di come, qualche minuto dopo l’incidente, sul luogo si presenta la ex fidanzata di Bergamini, a bordo della Maserati bianca del morto, dicendo che sì, è vero, il suo ex fidanzato, ormai non stanno insieme da oltre un anno, voleva ammazzarsi.
C’è poi la questione dell’ora della morte, fra le 13.50 e le 18.50 per il medico legale, avvenuta alle 19.15 secondo i testimoni. Insomma tante, tante incoerenze, che però non vengono sondate. Anzi, sembra proprio che i Carabinieri vogliano disfarsi del caso al più presto, credendo oltre ogni logica al racconto di Isabella, la ex fidanzata, che disse di come lo avesse visto saltare improvvisamente, durante una conversazione che stavano avendo in uno spiazzo, sotto il camion.
La storia dell’autopsia è un’altra delle tante ombre di questo caso difficile da comprendere. Innanzitutto, viene effettuata solo a due mesi dalla morte di Bergamini. E poi fa capire che la storia del camion è davvero poco credibile. Denis, infatti, ha un ferita sul lato destro dell’inguine, mentre il camion arrivava da sinistra: per procurarsi una ferita di quel genere, si sarebbe dovuto buttare all’indietro.
Il medico legale, Francesco Maria Avato, dichiara che sì, è comunque possibile che il corpo di Bergamini sia stato schiacciato, in parte, dal camion, ma non in seguito a un tuffo, ma abbia invece travolto il ragazzo che era già disteso sull’asfalto. L’ennesima incongruenza di un processo, quello contro il camionista Pisano, nel quale Avato non venne mai chiamato a testimoniare, e che vide poi l’accusato assolto.
Non vennero fatti rilievi, perquisizioni, di nessun genere, né sul camion, né sulla Maserati. Insomma è evidente che qualcosa non torna. La pensano così i familiari, i compagni di squadra (su tutti il suo amico Padovano, che il giorno dopo la morte scenderà in campo in Cosenza – Messina, 2-0, con la maglia numero 8 di Denis), i tifosi e in generale tutta l’opinione pubblica italiana: sembra proprio strano, come suicidio, quello di Bergamini. Ma le opinioni esterne non contano, e l’indagine viene così, rapidamente, archiviata.
Si riapre il caso di Denis Bergamini
Come tutte le storie giudiziarie all’italiana che si rispettino, arriva poi il colpo di scena. A oltre dieci anni di distanza dalla morte infatti Carlo Petrini pubblica un libro, Il calciatore suicidato, che riaccende i riflettori sulla morte di Bergamini. Petrini scrive, senza prove a dire il vero, che potrebbe essere stata la malavita ad ammazzare Denis, colpevole di essersi rifiutato di truccare le partite.
Passano altri dieci anni e nel giugno del 2011 arriva, finalmente, la riapertura delle indagini, che stavolta lavora sull’ipotesi di omicidio volontario. La procura di Castrovillari riceve, nel febbraio del 2012 una relazione nella quale i RIS di Messina confermano che, quando venne investito dal camion, Bergamini era già morto.
È impossibile, secondo il RIS, che la versione data dalla fidanzata, quella di un “lancio a pesce” sotto il camion, sia compatibile con il ritrovamento, in perfette condizioni, di vestito, scarpe, orologio e collanine di Bergamini. La procura di Castrovillari indaga, ma poi si ferma. Bisogna aspettare altri cinque anni, il 2017, per l’ennesima riapertura dell’inchiesta, con il GIP che chiedere di riesumare il cadavere e di effettuare una nuova autopsia.
Emerge così un nuovo dettaglio: Bergamini è stato soffocato, non è morto per le ferite dal contraccolpo con il camion. Sotto il camion vi è stato gettato, per inscenare un suicidio. Finalmente, del 2021, comincia il processo, con l’accusa di omicidio premeditato per Isabella Internò. La tesi è che la ragazza avesse abortito, perché dopo essere rimasta incinta Bergamini non volle sposarla, e allora decise di vendicarsi.
Dall’inizio del processo sono stati sentiti quasi trecento testimoni, sono venute fuori altre verità e supposte verità, pentiti della criminalità organizzata hanno dichiarato di tutto e di più. L’unica certezza, definitiva, è che Denis Bergamini non si suicidò, quel 18 novembre del 1989, ma venne invece strangolato e poi adagiato sull’asfalto. Capire se si riuscirà a trovare il colpevole di quell’orribile massacro, è invece un’altra storia.