Bebe Vio, la storia di rendere possibile l’impossibile
Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio ha perso entrambi gli avambracci e la parte inferiore delle gambe a causa di una meningite acuta, quanto aveva appena dodici anni. Ma non si è fermata, e questa è la sua storia.
La storia di Bebe Vio, la malattia e il recupero
L’incubo di Bebe Vio inizia alla fine del 2008, con una diagnosi scioccante. Beatrice è una ragazzina di appena undici anni e si ammala improvvisamente di una forma acuta di meningite. Le infezioni sono tremende, provocano necrosi sulle braccia e sulle gambe. Bebe rischia la vita, così i medici sono costretti ad amputarle gli arti. Resta in ospedale per tre mesi e mezzo, lottando contro la morte.
Quando esce, la sua esistenza è completamente diversa. Inizia la riabilitazione, la fisioterapia e poi, un anno dopo le operazioni, chiede a suo padre di portarla in palestra, a tirare di scherma. La circonda, come spesso accadrà ancora in futuro, un certo scetticismo, ma alla fine la famiglia, che la supporta e continuerà a supportarla sempre, si convince, e così Bebe riprende in mano il fioretto.
Tutto succede in un baleno. Due anni e mezzo dopo la malattia, a pochi mesi dal suo quattordicesimo compleanno, Bebe è alle Paralimpiadi di Londra 2012, come tedofora. Lì conosce lo sport paralimpico, e se ne innamora definitivamente. “Quando li vedi” – dice Bebe – “vuoi conoscere la loro storia, vuoi sapere perché sono su una sedia a rotelle, perché non hanno più le gambe.”È soprattutto grazie a questa curiosità che Bebe trasforma la sua esperienza in carburante, che riesce a parlare in maniera così forte e vivida di quello che le è capitato, di come si è ritrovata, ancora bambina, in un mondo che sembrava le fosse sfuggito per sempre, ma che poi si è ripresa con una forza che, a volte, è sinceramente difficile da immaginare.
Per Bebe, affinché possa tornare a fare ciò che ama, tirare di scherma, vengono realizzate delle protesi speciali. La federazione internazionale cambia persino le regole, visto che sino alla richiesta di Beatrice non erano ammesse schermitrici su sedia a rotelle con le mani amputate. Di solito, infatti, chi gareggia contro Bebe ha subito lesioni alla colonna vertebrale, ma ha le braccia perfettamente funzionanti. Ma la ragazza veneta è più forte anche di questo, si adatta alle protesi rapidamente e, con la sua classe, si trasforma in una meravigliosa campionessa.
Il palmares di Bebe comincia così a incamerare vittorie, una dopo l’altra. Vince l’oro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, nel 2016, trascinando l’Italia fino all’argento a squadre. Si conferma anche a Tokyo, nel 2020, vincendo nel torneo individuale e portando le Azzurre al bronzo di squadra. In mezzo, le quattro vittorie consecutive ai mondiali di Eger, Roma, Cheongju e Terni (2015, 2017, 2019, 2023) e gli Europei di Strasburgo, Casale Monferrato, Terni. Il colore della medaglia per Bebe è sempre lo stesso: oro.
E adesso, ovviamente, si punta Parigi, che fra qualche mese ospiterà l’edizione 2024 delle Olimpiadi. Bebe cerca un risultato storico con il terzo oro consecutivo nel fioretto, in una manifestazione nella quale, dopo il Sudamerica e l’Asia, troverà finalmente il tifo e il calore dei tanti amici che arriveranno dall’Italia a sostenerla.
Bebe Vio, oltre lo sport
Ciò che rende la storia di questa ragazza veneta davvero incredibile è l’energia positiva che la circonda. Bebe Vio infatti è diventata un simbolo ben oltre i suoi successi sportivi, travalicando il mondo della scherma e trasformandosi in un personaggio amatissimo da generazioni traversali di italiani e italiane.
Con 1,3 milioni di followers su Instagram, la sua natura positiva, il suo umorismo, la serenità con cui riesce a parlare della sua disabilità, Bebe ha conquistato il cuore e la testa di milioni di persone in tutto il mondo. Lei, che paragona le sue protesi a quelle viste nel film Robocop, ha trovato una maniera molto personale di vivere la sua condizione. “Senza le ferite, senza le cicatrici, ormai nemmeno mi riconoscerei”, scrive nella sua biografia, Se sembra impossibile allora si può fare, edita da Rizzoli.
Oggi Bebe è un’icona internazionale. La Mattel nel 2019 ha creato una bambola con la sua immagine, L’Oréal Paris nel 2022 l’ha scelta come testimonial per il mercato europeo, la Dior l’ha messa sotto contratto per il lancio di alcune delle sue borse più sfarzose. Senza dimenticare la sua associazione, Art4Sport, che sostiene i giovani atleti con disabilità, aiutandoli nell’acquisto delle costose protesi sportive.
Come ha detto Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, nel settembre 2021, Bebe Vio è un esempio di tenacia, resilienza, capacità di reagire. Un modello da seguire non soltanto per chi deve fare i conti con la disabilità, ma per chiunque voglia provare a guardare oltre la coltre di superficialità dei nostri tempi.