Chi è Henrik Rydström, il coach che a Malmoe sta rivoluzionando il calcio

Con le sua tattiche ispirate al calcio brasiliano ha portato in Europa il calcio relazionale, una sorta di caos funzionale basato sul possesso palla e una struttura modula fluida. Scopriamone insieme tutti i segreti di Henrik Rydström.

Henrik Rydström, in principio fu il Kalmar

Nato nel cuore del Brasile, il calcio relazionale va molto oltre il semplice approccio tattico. Si tratta, infatti, di un sistema di gioco che include, in maniera quasi antropologica, alcuni tratti caratteristici della cultura sociale brasiliana: un calcio creativo, ballato, che può sembrare improvvisato ma nel quale, in realtà, la fluidità geometrica dei movimenti è attentamente studiata.

Uno dei concetti alla base del calcio relazionale è quello secondo il quale tutto deve dipendere dal ritmo. Bisogna trattare i momenti della partita considerando che la tattica non può essere solo ordine e struttura, e che l’efficienza deriva dalla capacità dei giocatori in campo di adattarsi alle situazioni di gioco.

Henrik Rydström

Henrik Rydström e la sua rivoluzione calcistica

Insomma, il calcio relazionale brasiliano è quasi una forma di espressione, che in teoria fonde l’eclettismo creativo dei talenti tipico del mondo verdeoro con l’essenzialità di un approccio tattico pensato per trovare una configurazione funzionale all’anarchia dello “joga bonito” più puro.

L’anello di congiunzione fra il calcio relazionale brasiliano e il tatticismo, spesso esasperato, del football europeo lo ha costruito, negli ultimi quattro anni, è il tecnico svedese Henrik Rydström. Alla guida del Kalmar prima, e del Malmoe oggi, Rydström è infatti a costruire un ibrido tatticamente seducente: l’efficienza scandinava combinata alla fluidità creativa della tradizione calcistica del Sudamerica.

Rydström ha passato quasi tutta la sua carriera da giocatore al Kalmar FF: più di 500 partite nell’arco di dieci anni, e una ventina di gol. Giocava da centrocampista di fatica, e con la fascia di capitano al braccio, durante i suoi anni dal Kalmar, è riuscito addirittura a vincere uno scudetto svedese, l’unico in oltre cent’anni di storia per questo piccolo club della costa orientale di Svezia.

Non è mai stato, da giocatore, uno che rubava l’occhio. Al contrario, in campo Rydström è sempre stato uno che badava al sodo, il cui gioco era fatto più di restrizioni, di limitazioni, di cose da non sbagliare, che di indicazioni propositive.

Era insomma il prodotto di un calcio molto pratico: attacchi verticali, grande attenzione sulla seconda palla, velocità, contrattacco, compattezza difensiva. Un po’ la ricetta di gran parte del calcio europeo dagli anni Ottanta in avanti.

Pian piano però il calcio in Europa e un giorno Rydström, affrontando da calciatore il Twente, si è reso conto che poteva esistere un modo diverso di approcciare tatticamente una partita, si accorse che non bisogna sempre e per forza lanciare il pallone in avanti, verticalmente, ma che si poteva anche andare di lato, o addirittura indietro.

Cominciò così la sua rivoluzione, a 37 anni, dopo aver smesso di giocare, da allenatore delle giovanili del Kalmar: costruì una squadra di ragazzi che giocava un calcio fresco, divertente, instillando nei suoi calciatori l’idea che sul campo non dovevano avere paura di sbagliare, che l’obiettivo finale era quello di divertirsi.

Rydström, all’inizio, aveva come riferimento il calcio offensivo di Marcelo Bielsa e una volta approdato alla prima squadra del Kalmar prese una decisione rivoluzionaria: una delle squadre storicamente più noiose del calcio svedese avrebbe giocato, sotto la sua guida, in maniera iper-offensiva, con una struttura tattica fluida, fatta di passaggi rapidi, di calcio orizzontale, di un mix esplosivo di idee e solidarietà tattica fra giocatori in campo.

I risultati gli danno ragione: il Kalmar, nel giro di due stagioni, passa dal fondo della classifica a giocarsi i primi quattro posti, gioca un calcio fantastico e diventa così naturale, per Rydström, ricevere la chiamata che qualsiasi allenatore svedese di successo aspetta: quella del Malmoe.

La rivoluzione del calcio svedese

Il calcio relazionale ha avuto nel Fluminense di Fernando Diniz una delle sue squadre di riferimento. Diniz infatti faceva giocare i suoi ragazzi con un sistema di gioco che dal di fuori dava la sensazione di totale anarchia ma che in realtà era fortemente basato su meccanismi di fluidità dei movimenti molto studiati.

Diniz, con la sua ossessione per il possesso palla, è stato soprannominato il Guardiola brasiliano, un’etichetta che lui ha però sempre rifiutato, distanziandosi dal gioco posizionale dello spagnolo. Anche Rydströmè passato da numerosi paragoni con Guardiola, anche nel suo caso però prontamente rifiutati.

Il tecnico svedese, d’altronde, pratica un calcio decisamente unico in Europa, che difficilmente si può paragonare alle struttura rigide delle tattiche guardioliane. Proprio al Malmoe il mitico Rydström ha dimostrato inconfutabilmente la totale originalità delle sue idee, peraltro superando anche lo scetticismo di quanto ritenevano non sarebbe riuscito a riproporre le sue convinzioni tattiche in un contesto “alto” come quello rappresentato dalla squadra svedese più vincente di sempre.

Rydström ha smentito, e in maniera spettacolare, i suoi detrattori. Nel suo anno e mezzo sulla panchina degli azzurri infatti non solo ha riportato a casa il titolo ma lo han fatto anche costruendo una filosofia di gioco che ha fatto diventare la squadra svedese un fenomeno studiato in tutta Europa.

Rydström al Malmoe ha enfatizzato in modo estremo l’importanza dei rapporti di movimento fra i giocatori in campo. Tutto nasce, secondo lui, dalla relazione che i giocatori riescono a stabilire fra loro, a livello calcistico, perché solo grazie a questo che si può creare fluidità.

Triangoli, rotazioni, costante scambio delle posizioni, sono alcune delle caratteristiche basilari del gioco di Rydström, che sulla carta propone un 4-3-3 ma che in realtà è difficile “incartare” in un modulo fisso, vista la facilità con cui i suoi ragazzi cambiano costantemente posizione in campo.

Quello di Rydström è un calcio-jazz, un caos controllato che ha già portato due scudetti consecutivi, una coppa di Svezia (e una nuova finale da giocare il 29 maggio prossimo contro il BK Häcken) un’esperienza in Europa League non straordinaria, ma comunque molto divertente. Il futuro, insomma, è tutto da scrivere, nell’attesa che Rydström si misuri sulla panchina di uno dei campionati top 5 europei.

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