Da Zapata a Carvajal: tutti i gravi infortuni di stagione
L’ecatombe di problemi fisici che sta falcidiando il calcio europeo obbliga a una riflessione profonda. Sono tantissimi gli atleti colpiti da rotture dei legamenti crociati. Vediamo nello specifico chi sono e come si sono fatti male.
Gravi infortuni nel calcio, un pericoloso campanello di allarme
Gli ultimi due in ordine di tempo sono quelli di Carvajal e Zapata. Per il capitano e terzino destro del Real Madrid e della nazionale spagnola è arrivato un infortunio pesantissimo: le rotture contemporanee del legamento crociato anteriore, del legamento collaterale esterno e del tendine popliteo della gamba destra.
Si parla di almeno dieci mesi di stop e qualcuno mette addirittura in dubbio che, a 32 anni, l’esterno madridista sarà in grado di tornare al calcio giocato di alto livello. L’unica buona notizia per Carvajal è allora arrivata dal Real Madrid, che a pochi giorni dall’infortunio ha deciso di rinnovargli il contratto fino al 2026, un’estensione che era già da tempo in programma ma che dopo il terribile infortunio non era per nulla scontata.
Non è andata molto meglio a Duvan Zapata. L’attaccante del Torino infatti ha riportato una rottura di crociato anteriore, menisco mediale e menisco laterale. Nel suo caso ci vorranno almeno sette mesi di stop, anche se va considerato che è difficile ipotizzare la data di effettivo rientro quando ci si approccia a lesioni così pesanti e complesse.Questi due infortuni sono solo gli ultimi di una sequenza lunghissima di incidenti di gioco che negli ultimi otto mesi hanno falcidiato il calcio europeo. Fra la passata stagione e l’inizio di quella appena cominciata avevamo visto cadere grandi protagonisti come Alaba, Schuurs, Gavi, Scalvini, Scamacca, Florenzi, Stanisic, Lucas Hernandez, tutti colpiti da gravi problemi alle ginocchia.
L’annata 2024/25 sta proseguendo purtroppo sulla stessa linea, con una serie di nomi importantissimi capitolati nelle prime partite di campionato e coppa della nuova stagione. Rodri, Ter Stegen, Bremer, Varane, hanno già chiuso le loro stagioni.
L’ultimo di questa lista, Raphael Varane, ha addirittura deciso di ritirarsi a poche settimane dal suo arrivo al Como di Cesc Fabregas. L’ennesimo problema al ginocchio sinistro, accusato dopo una partita di coppa Italia giocata l’11 agosto contro la Samp, ha convinto il centrale francese campione del mondo, ex Manchester United, a chiudere la carriera ad appena 31 anni.
Peraltro questa è la semplice lista degli infortuni lunghissimi, ma se andiamo a concentrarci anche su problematiche comunque complesse, ma di risoluzione più rapida, allora il quadro di crisi del calcio europeo in merito agli infortuni si fa ancora più cupo.
Due esempi su tutti. Quello di Alisson, portiere ex Roma, ormai al Liverpool dal 2018, che per un problema al legamento anteriore del ginocchio dovrà andare sotto i ferri e rimarrà fuori per almeno due mesi. E poi Kevin De Bruyne, il centrocampista belga del Manchester City, fattosi male in Champions contro l’Inter qualche settimana fa e per il quale ci si aspetta uno stop di minimo un mese.
Si gioca troppo, troppo velocemente
L’ironia della sorte ha voluto che Rodri si infortunasse una settimana dopo aver dichiarato che l’ipotesi di uno sciopero dei giocatori, qualora il numero di partite non calasse, non è poi così lontana. Il centrocampista spagnolo, forse oggi il mediano più forte e completo al mondo, ha giocato 178 partite in tre anni: un po’ troppe, evidentemente.
Situazioni come quella di Varane, ritiratosi subito dopo i 30 anni, potrebbero così in futuro non essere così rare. Sempre più giocatori, infatti, potrebbero decidere di accorciare le carriere, soprattutto in un trend economico che vede gli stipendi continuare a crescere.
Secondo una recente ricerca dell’istituto Approved Business Finance, oggi, in media, i giocatori di Premier League possono andare in pensione a 30 anni, vivendo fino ai 95, immaginando uno stipendio mensile di 35.000 euro.
Insomma, gli infortuni aumentano, e il calcio va in una direzione molto pericolosa. Secondo un rapporto Fifpro, federazione internazionale dei calciatori professionisti, nel 2023-2024 gli infortuni nelle cinque maggiori leghe europee sono aumentati di quasi il 20%, soprattutto quelli associati a sovraccarichi e affaticamenti muscolari, dunque problemi legati alla mancanza di adeguato riposo fra un impegno agonistico e l’altro.
Sta insomma diventando evidente che non basta avere a disposizione i migliori medici, i migliori fisioterapisti, i migliori preparatori atletici, perché a questi ritmi il lavoro di questi professionisti sembra più mirato a ritardare, che non a prevenire, gli infortuni.
Una soluzione potrebbe essere quella adottata in alcune leghe di rugby, come le Premiership inglese, che prevedono un massimo minutaggio stagionale che ogni giocatore può accumulare. Di certo, è difficile in questa fase storico-commerciale diminuire il numero di partite e allora, inevitabilmente, l’unica possibilità all’orizzonte è quella di aumentare il numero di calciatori disponibili per squadra, inserendo un limite massimo di presenze o minuti che ogni tesserato può registrare in stagione.
Si tratterebbe di una scelta importante, una rivoluzione vera e propria che aprirebbe però un nuovo fronte, cioè a dire quello degli stipendi: siamo infatti sicuri che i calciatori saranno disposti a guadagnare di meno? Perché è ovvio che più calciatori in rosa che giocano meno minuti significa stipendi individualmente meno ricchi. Staremo a vedere.