Intervista esclusiva: Alessio Lorusso tra Tyson, la boxe, i titoli e…
Intervista esclusiva al pugile Alessio Lorusso. Il suo punto di vista sul tanto chiacchierato incontro tra Jake Paul e Mike Tyson, cosa significa aver dato così tanta visibilità ad un match di boxe, il futuro degli sport da combattimento, la sua storia personale, la stima per i “colleghi” e i prossimi obiettivi sul ring.
Partiamo subito dall’evento del momento, ovvero l’incontro tra Jake Paul e Mike Tyson: da pugile professionista, come l’hai giudicato quando hai saputo di questo incontro? Hai pensato fosse solo una questione di show o ti aspettavi comunque un bel match?
Vedere Mike Tyson a quasi 60 anni sul ring, naturalmente è emozionante però è solo tanto tanto hype. L’hanno chiamata esibizione, da pugile professionista posso dirti che ha dato beneficio al sottoclou di pugili come Mario Barrios, come Armando Casamonica, un pugile italiano che ho apprezzato molto, che ha combattuto con molto onore e ha fatto dieci round. Ho apprezzato che ha dato molto visibilità al pugilato, al pugilato anche italiano. Tanti non appassionati hanno commentato, hanno scritto di Tyson e Jake Paul, quindi questo ha dato beneficio sicuramente al pugilato in generale, al pugilato italiano e al pugilato mondiale. Come incontro specifico, però, dal mio punto di vista, non non fa molto bene al pugilato perché la gente pensa che sia uno sport per tutti, che qualsiasi persona può farlo, così anche Jack Paul che comunque non è un pugile professionista, anche se si sta allenando con coach di massimo livello. Il pugilato non è uno sport per tutti, è uno sport dove devi fare molti sacrifici. Devi sacrificare la tua vita praticamente. Ripeto, a mio parere non è uno sport per tutti ma loro l’hanno quasi fatto passare con questo senso.
Tutti davano favorito Paul, tu che pronostico ti eri fatto? Come è stato poi vedere l’incontro realmente?
Avrei dato lo stesso pronostico. L’età di Mike Tyson ha il suo effetto, a 60 anni non può essere competitivo con un ragazzo giovane che ha grandi coach e grandi allenatori. Mi aspettavo questo risultato sicuramente, nonostante Tyson sia un’icona del pugilato mondiale, forse il secondo pugile più conosciuto al mondo dopo Muhammad Ali. Quindi, sì, mi aspettavo questo risultato comunque.
L’incontro è stato trasmesso da una piattaforma come Netflix, dando molto visibilità a uno sport che non è spesso sotto i riflettori. Tralasciando un attimo il match in sé, come reputi questa cosa? Potrebbe essere una svolta per uno sport che, come in generale tutti gli sport da combattimento, è spesso vittima di pregiudizi?
Assolutamente sì, è stata un’ottima cosa. Una piattaforma come Netflix avrà dato sicuramente un ottimo risultato per quanto riguarda noi pugili in generale, perché anche in Italia si fa molta fatica a vivere di questo. Io mi reputo uno dei pochi fortunati che mi arrangio e vivo di pugilato. Ma si fa veramente tanta, tanta fatica a trovare sponsor, anche perché il pugilato viene giudicato come sport violento. Ma è tutto l’opposto. Io ho combattutto contro tanti pugili con cui poi sono diventato amico. Si crea anche un legame di fratellanza, il pugilato unisce tanto. Spero che questa piattaforma abbia dato ottimi benefici a tutto il pugilato e spero che anche in Italia questo sport risalga come ai vecchi tempi.
Mike Tyson, per quanto controverso, è considerato da molti uno dei migliori pugili della storia. Che opinione hai di lui? C’è un pugile che ha invece ispirato la tua carriera?
Tyson, come ho detto prima, è un’icona. Qualsiasi persona conosce il nome Mike Tyson, mi piace tantissimo, ma non è il mio pugile preferito. Io mi ispiro, da quando sono bambino e ce l’ho anche tatuato, a 13 anni ho fatto The Money Team, a Floyd Mayweather e The Money Team. Floyd è stato per me un’icona. Mi sono ispirato a lui, alla sua tecnica, alla sua intelligenza pugilistica, alla sua intelligenza nel marketing, perché è stato bravo anche in quello a farsi conoscere. Ha battuto pugili di livello mondiale imbattuti come de la Hoya, come Marquez, come Diego Morales, pugili all’apice della carriera, lui è riuscito a vincere, a batterli. Alcuni lo criticano per la sua boxe perché in America amano le guerre, amano le battaglie.
All’inizio della sua carriera lui combatteva, scambiava molto, faceva tante guerre poi si è rotto entrambe le mani, cosa che io so bene, e ha cambiato il modo di boxare: ha iniziato a essere molto più tecnico, molto più difensivo. Però questa cosa è andata a suo favore perché è riuscito ad essere imbattuto 49 – 0 anzi 50 – 0 con il match contro Conor McGregor che questo è stato una cosa simile a quella di Jake Paul contro Mike Tyson. Comunque io amo Floyd Mayweather. Ripeto, ce l’ho anche tatuato. Amo anche Edwin Valero e tanti altri, perché seguo tanto la boxe. Però lui è il mio idolo.
A proposito di ispirazione e stima, nella notte di Tyson si sono svolti anche altri incontri, non so se siete amici ma so che nutri molta stima per Armando Casamonica. Ha disputato un grande match contro Bahdi, ma non è stato premiato dai cartellini e il verdetto ha fatto molto discutere. Ci vuoi dire la tua qui?
Non siamo amici, però nel pugilato italiano ci conosciamo tutti, quindi penso che lui conosca me e io conosco lui. Lo apprezzo tantissimo, è stato un grande. Un grande match, un grande incontro. Peccato per il calo negli ultimi round. Posso dire solo questo ma è stato un grande. A mio parere è come se avesse vinto. I cartellini naturalmente premiano il pugile “di casa”. Badhi aveva vinto contro il pugile Sylve, che era della promotion di Jake Paul, si è fatto conoscere ha vinto e quindi era lui “tutelato”. Fuori casa purtroppo è così. Lo vivi in Italia, figurati all’estero quando mettono i soldi per un pugile. Avrebbe dovuto fare tre volte di più per vincere ma, secondo me, ha fatto tutto quello che poteva fare e, ripeto, a mio parere, è come se avesse vinto il match, è stato un grande. Spero che lo richiameranno per altre opportunità in America dove girano veramente i soldi veri, dove apprezzano veramente i pugili, dove fanno sentire i pugili delle star.
Prima abbiamo parlato di pregiudizi, la boxe è uno sport universalmente riconosciuto ed è l’unico sport da combattimento su cui si può anche scommettere. Le MMA sono invece ancora illegali in alcuni paesi e non c’è un sistema federativo mondiale che ne determina i regolamenti. Come vedi il futuro di questo sport?
Le MMA sono un bellissimo sport, le arti marziali miste. A me piacciono molto anche le MMA. Naturalmente il pugilato, la nobile arte, è uno sport molto più pulito, molto più tecnico, molto più di intelligenza. Però, ripeto, agli americani al pubblico piace purtroppo vedere la violenza, vedere le guerre nello sport.
Io ho visto la differenza. C’era il Bellator a Milano. La differenza tra il Bellator a Milano e il pugilato sempre a Milano, all’Allianz Cloud, è che il pubblico è molto più caloroso nelle MMA che nel pugilato. Nel pugilato sono molto più pacati e tranquilli, nelle MMA sono un po’ più rozzi. Adesso sto cambiando sport, sto facendo anche la bareknuckle, la boxe a mani nude. Sono tanti gli sport che secondo me possono creare molta visibilità. Però io amo il pugilato e amerò sempre il pugilato in primis come sport, come stile di vita perché naturalmente sono solo un pugile.
Venendo a te, come è nata la tua passione per il pugilato e quando hai capito che potevi diventare un pugile professionista?
Ho iniziato all’età di 12-13 anni con la kickboxing, quindi usavo anche i calci, però quando combattevo usavo solo i pugni alla fine (ride n.d.r.). Quindi ho deciso di passare al pugilato un po’ tardino, a 16-17 anni. Avrei voluto iniziare prima, già da bambino, però ho iniziato grazie a me stesso e grazie a mia mamma. Ero un po’ disgraziatello da piccolino e quindi al posto di fare il cretino in giro mi diceva: “vai in palestra a sfogarti, non in mezzo alla strada”. E così è nata. Sono entrato il primo giorno in palestra per fare kickboxing e da quel giorno non sono più uscito.
Penso di aver capito subito che sarebbe stata la mia vita, la mia passione, anche contro mia madre, anche contro tutti. Perché mia madre, giustamente da mamma, diceva: “devi cercarti un lavoro serio, questo non sarà mai il tuo futuro”. E io le dicevo: “no, questo sarà il mio lavoro, questa sarà la mia vita”. E così poi è stato e spero che lo sarà ancora di più perché non mi sento nessuno, non mi sento arrivato da nessuna parte. Voglio diventare qualcuno in futuro.
Uno dei pugili più famosi della storia, Muhammad Ali, sul combattimento ha dichiarato “vola come una farfalla, pungi come un’ape” il tuo soprannome però è Mosquito, zanzara. Da dove arriva e quale significato ha?
L’ape punge, la zanzara rompe le palle, è proprio per quello. Mosquito è nato nel 2016, quando ho fatto i campionati italiani ad Avellino, a Montoro Inferiore, e sono diventato campione italiano senior e il pubblico, non so per quale motivo, ha iniziato a cantare “Mosquito! Mosquito!” e io ho deciso che se fossi passato a professionista, quello sarebbe stato il mio soprannome, il mio alias da professionista. E così è stato. Nel 2017, sono passato a professionista e ho deciso che nonostante potessi avere altri 1000 soprannomi, per i tatuaggi, per 1000 altre cose, sarebbe rimasto Mosquito. Mosquito rappresenta anche il mio modo di boxare: pungo, scappo, cerco di non farmi colpire e rientrare. È una boxe, diciamo, intelligente, non a scambiare come tanti altri pugili. Quindi Mosquito è e così sarà.
Nella boxe professionistica ci sono diverse categorie di peso, tu rientri nel Peso Gallo, ovvero fino ai 53,5 kg e al momento vanti 26 vittorie, 5 sconfitte e 2 pareggi. Qual è il tuo prossimo obiettivo?
Il prossimo obiettivo è riconfermarsi assolutamente campione europeo. Però il 21 dicembre combatterò per il Fight Clubbing, sono felice e onorato di essere presente a questo evento con Andrea Sagi che mi ha ingaggiato e lo ringrazio. Voglio dimostrare a loro chi sono, voglio fargli vedere chi sono. E partendo da questo match del 21 dicembre a Chieti, voglio farmi conoscere da un pubblico che magari sa chi sono ma non mi ha mai visto dal vivo. Mi sto preparando molto bene per poi l’anno prossimo cercare di tornare campione europeo. Ho avuto un periodo un po’ bruttino nel 2023 e ora voglio riscattarmi in tutti i modi.
Ad aprile sei tornato sul ring dopo l’intervento alla mano che hai subito a dicembre 2023. Sei tornato subito a vincere ma hai dichiarato di non essere ancora al 100%. Intanto, come stai ora? Dove ti vedremo combattere prossimamente?
Sono tornato al 98% e la manina sta bene. È un edema osseo, quindi è un problema come se fosse l’artrite per i vecchiettini, quindi rimarrà. Devo imparare a conviverci, sto imparando a conviverci perché faccio questo e non voglio fare altro. Combatterò, appunto, il 21 dicembre per il Fight Clubbing e siccome sono secondo in Europa, mi hanno mandato la comunicazione oltretutto pochi giorni fa, l’obiettivo è riconfermarmi campione europeo o partire magari dall’EBU Silver e poi diventare di nuovo campione europeo, stavolta nei Super Gallo però, una categoria sopra. Ci proviamo e ce la metterò tutta.
Ti faccio un’altra citazione di Ali: “i campioni non nascono in palestra, sono fatti di qualcosa che viene dal loro profondo: un desiderio, un sogno, una visione”, professionalmente qual è il tuo sogno, dove vuoi arrivare e contro quale pugile ti piacerebbe combattere?
Come penso sia il sogno di ogni pugile, è incoronarmi campione del mondo. Non per forza vincere ma provare a disputare un mondiale che sia all’estero, che sia in Italia, ovunque. E il mio sogno sarebbe incontrare il mio pugile di riferimento, non l’ho nominato prima perché Mayweather è stato un’icona per me, però stimo anche tanto Guillermo Rigondeaux che è un pugile mancino cubano. Ha il mio peso, nonostante abbia una certa età, ha combattuto poco fa, ho visto. Oltretutto ci sentiamo via social, gli scrivo sempre, gli rompo le palle, mi piacerebbe tanto incontrare lui. Nonostante sia un dio della boxe, però chissà, magari in futuro, anche se ha una certa età… Anzi, poco tempo fa mi avevano chiamato per combattere contro di lui ma poi per delle pratiche, alla fine hanno chiamato un altro. Comunque lui sarebbe il mio pallino.
Sappiamo che sei un grande atleta, ma sei anche un tifoso? Se si di quale squadra? Che pronostico ci fai per questa stagione?
Purtroppo no, seguivo il Monza perché la curva veniva a vedermi e a tifarmi. Però di calcio non seguo molto. Seguo solo il pugilato e gli altri sport da combattimento.