Intervista esclusiva: Carlo Pellegatti parla di Milan, Berlusconi, derby, Leao e…

In questa intervista esclusiva, il giornalista sportivo del Milan Carlo Pellegatti ci ha parlato del suo ricordo dell’ex Presidente Silvio Berlusconi, del suo Milan tra addii importanti e possibili nuovi arrivi e della rivalità stracittadina con l’Inter.

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Carlo Pellegatti
Qui puoi trovare l’intervista integrale che la nostra redazione ha realizzato in esclusiva al famoso giornalista sportivo e tifoso del Milan Carlo Pellegatti.

Ci sembra giusto iniziare con un saluto e un tributo a Silvio Berlusconi, colui che è stato il presidente più vincente del Milan e del calcio italiano. Che ricordi hai di lui? C’è un aneddoto che ci vuoi raccontare?

E forse del calcio mondiale… Silvio Berlusconi è stato un maestro, un maestro per me che ho avuto la fortuna di lavorare a Mediaset. Perché allora, soprattutto all’inizio, quando non era ancora impegnato con l’attività politica, seguiva personalmente tutte le trasmissioni, ci correggeva, ci faceva migliorare già come un maestro di professione e già come maestro di giornalismo. Non tanto sul contenuto del pezzo ma più nella forma.

Ti faccio un esempio che può servire: quando si andava in telecronaca, viene naturale dire “Ecco c’è il Milan e l’Inter. Nel Milan manca questo e questo, all’Inter questo e questo..” lui non voleva, diceva parliamo dei presenti, esaltiamo quelli che ci sono perché se no se incominciamo a dire che mancano tutti questi giocatori lo spettacolo scema.

Un altro un piccolo particolare era il guardarlo sempre negli occhi. Quando ci si siede davanti all’interlocutore per un’intervista, proprio per non metterlo a disagio, non si dovrebbe incominciare a guardare i taccuini mentre lui parla, e anche a me personalmente, quando parlo con qualcuno, che magari è distratto perché sta pensando all’altra domanda a qualcos’altro, è una cosa che mi irrita. Quindi, questi sono i ricordi, i complimenti che mi ha fatto, soprattutto quello di dire che sono sempre stato un valore aggiunto per il Milan… Però come noti, ho la voce alta, perché Silvio Berlusconi è un amante della vita, è un entusiasta, la voce affranta non gli sarebbe piaciuta.

Rimandendo in tema di addii importanti, a breve inizierà il calciomercato e di questo nel Milan se ne occupava la coppia Maldini-Massara. Ci puoi dire la tua su questa vicenda?

È una settimana ricca di traumi, questa, anche inaspettati. Chiaramente non c’è minimamente da paragonare le due cose, però, a suo modo, anche perdere Paolo Maldini è stato un trauma. C’erano delle divergenze già da tempo che erano state superate per il bene del Milan con la coesione giusta. Forse le ultime divergenze sulla filosofia del prossimo calciomercato ha fatto precipitare le cose. Chiaramente, il tifoso del Milan è rimasto scioccato perché Paolo Maldini non era solamente il responsabile del mercato in questa fase storica insieme a Ricky Massara.

Intervista esclusiva a Carlo Pellegatti

Il giornalista sportivo Carlo Pellegatti

Paolo avrebbe festeggiato 70 anni di un Maldini al Milan, visto che Cesare ha cominciato nel ’54, quindi è stato uno shock. Io posso dire solamente che adesso faccio il tifo per quelli che ci sono oggi. Perché se dovessi, per questioni di principio, tifare contro perché vorrei sempre Paolo Maldini, vorrebbe dire tifare contro il Milan. Mi mi auguro quindi che questi siano bravissimi e comprino grandi giocatori e facciano un grande Milan. Perché sopra a tutto c’è sempre il Milan, ovviamente.

E se ci fossi tu nel quadro dirigenziale ci fai tre nomi, uno per reparto, su cui secondo te il Milan dovrebbe puntare per la prossima stagione.

Ti faccio tre nomi che non verranno probabilmente ma ti dico Marcus Thuram, che deve dare una risposta e lui mi piacerebbe. Mi piacerebbe sulla fascia destra o sinistra un giocatore veloce come Sinisterra del Leeds. Anche se adesso sembra un po’ più lontano, a me sarebbe piaciuto anche Loftus-Cheek. Questi sono i 3 nomi, chiaro che anche Milinkovic-Savic come numero dieci, sarebbe stato il massimo. Però mi piacerebbe che anche mio cavallo vincesse L’arco di Trionfo, ma….

Rimanendo sempre in ambito calciomercato, ipotizzando un post-Pioli, noi ti facciamo tre nomi di tre allenatori per una possibile panchina, ci dici la tua? Quelli che ti diciamo noi sono Sarri, Italiano e De Zerbi.

Non entro in questa cosa perché Pioli sarà l’allenatore del prossimo anno, quindi ce lo gustiamo. Dovesse venire uno di questi tre allenatori vuol dire che Pioli non è andato bene e ovviamente mi dispiacerebbe. Quindi, io mi auguro che il Milan vada avanti con Pioli, poi gli altri non lo so. Dei tre, forse la figura più curiosa è quella di De Zerbi.

Per un prossimo futuro, Ibra ha dato l’addio al calcio giocato, secondo te potrebbe intraprendere la strada dell’allenatore? E se sì, ce lo vedresti sulla panchina del Milan?

No, sulla panchina del Milan no, ma club manager a Milanello per tenere il trait d’union tra società e squadra, con Pioli ovviamente responsabile. Mi piacerebbe molto. Adesso vuole prendersi un periodo sabbatico, ma a me piacerebbe tanto. Io sono un innamorato calcistico di Ibrahimovic.

Mettendo quindi in conto quello che è successo a livello dirigenziale e le possibili conseguenze che, per il momento restano ancora un po’ un punto di domanda, ci fai il tuo pronostico sul Milan del prossimo anno? Quali obiettivi potrebbe raggiungere a livello di campionato e di Champions?

Il Milan deve sempre puntare ai massimi obiettivi. Chiaro che arrivare in finale di Champions e vincere la Champions… Si è visto, il Milan è arrivato contro l’Inter non al massimo della forma, contro una squadra, al contrario, al massimo della forma. I gironi non contano, bisogna essere al massimo della condizione verso marzo/aprile, o in questo caso a maggio. Quindi deve puntare a quello e poi deve puntare sicuramente a vincere la stella: la stella deve essere certamente uno degli obiettivi del Milan.

In un’intervista rilasciata qualche settimana fa, Paolo Maldini era tornato a parlare delle finale di Istanbul del 2005. Facciamo un balzo in avanti, 2023 e Istanbul si rivela ancora una città stregata per i rossoneri. Nello specifico, quanto brucia ancora la sconfitta in semifinale contro l’Inter? Era una cosa che si poteva evitare e se sì come, o l’Inter quest’anno è molto più forte?

È arrivata molto più forte in queste due partite, stava bene di testa, di gambe, di fisico. Ho visto la finale contro il City, un giocatore come Leao, lì non ne ho visti tanti. Io sono un grande ammiratore di Lautaro, ma tra Grealish e Leao, mi tengo Leao. Voglio dire, al Milan mancava Leao, mancava Bennacer nella seconda partita, ma in generale l’Inter mostrava di stare meglio di testa. È arrivata sicura di vincere e, soprattutto all’inizio della prima partita, ci ha dato due schiaffi. Potevano fare addirittura quattro, cinque gol. Quindi non ho recriminazioni, non ho rimpianti quando perdi contro una squadra che in quel momento si è dimostrata superiore. Ecco i problemi che ha avuto il Milan contro l’Inter, li ha avuti il Napoli contro il Milan, senza Osimhen e non avevano questo pensiero di una città totalmente azzurra e bianco, rosso e verde. Il Napoli mi ha dato l’impressione di non graffiare in quella partita ed è esattamente quello che è successo a noi con l’Inter.

Abbiamo parlato della finale di Istanbul, ti chiediamo quindi una piccola confessione: la sera del 10 giugno, ha prevalso l’animo del Carlo tifoso e quindi un po’ tifavi City o per il bene del calcio italiano ti auguravi che l’Inter potesse trionfare lì dove il Milan non è riuscito qualche anno fa?

Se fossi sincero, da milanista mi auguravo che l’Inter non vincesse e anche se la gente se lo può immaginare, non è bello sentirselo dire anche se c’è rivalità cittadina. Io ero a una cena di gala a Bergamo dopo il torneo della solidarietà. Ero lì a mangiare con mia moglie e c’era un tabellone quindi guardavo… comunque te lo dico, sarebbe stato un weekend pesante per il tifoso del Milan se avesse vinto l’Inter. Ma non aggiungo altro, perché è sempre brutto dire “mi auguravo che perdesse”. Dirti che mi auguravo che vincesse però no, perché l’Inter è una rivale quindi non posso augurarmi che l’Inter vinca la Champions League. Hanno comunque giocato una buona partita, non devono avere rimpianti e sono stati sfortunati anche nel finale. Ma è un problema loro, io penso al Milan.

A proposito di Champions e Milan, i rossoneri hanno strappato il pass per la prossima coppa battendo la Juve nella penultima giornata. In tanti pensano che questo campionato sia stato “falsato”, vista la penalità inflitta ai bianconeri, ma sul campo risultano due vittorie su due contro la Juve. È una conseguenza della penalizzazione ricevuta oppure pensi che sia merito sportivo del Milan?

È indubbio che il Milan sia arrivato 5° anche se ha battuto due volte la Juventus. Però un mio amico mi ha detto che si parla più delle pene che dei reati: se la Juventus ha preso 10 punti, avrà fatto qualcosa che non andava, se gli hanno tolto 10 punti l’hanno riconosciuta colpevole di qualcosa, altrimenti non le avrebbero tolto 10 punti così. Il Milan è arrivato 5° pur battendo la Juventus 2 volte. Come quando c’è un cavallo sulla dirittura d’arrivo e questo commette una scorrettezza, viene retrocesso. Se l’hanno retrocesso, ha commesso qualcosa che non andava. Non è che dici “beh, io sono arrivato 3°, se non avessero retrocesso quel cavallo sarei arrivato 4°”. E no, se l’hanno retrocesso vuol dire che ha commesso una scorrettezza. Nell’ippica funziona così.

Chi invece lo ha definito, senza neanche troppi mezzi termini, “campionato falsato” è Josè Mourinho, il cui futuro è ancora incerto. Se dovesse lasciare l’Italia, lo riterresti un bene o un male per il calcio italiano, visto quello che rappresenta non solo come allenatore ma anche come personaggio?

Indubbiamente il gioco di Mourinho a me non ha mai fatto impazzire, anche se la Roma è una squadra solida, e lo ha dimostrato soprattutto in Europa. Non mi sembra che sia un allenatore che porti divertimento e spettacolo, però porta risultati e ai tifosi della Roma interessano i risultati. Ha vinto una coppa ed è arrivato in finale, quindi i risultati ci sono. Se dovesse lasciare l’Italia perderemmo qualcosa perché fa comunque parte dei grandi allenatori del calcio europeo.

Chi ha portato risultati è anche Luciano Spalletti. Cosa ha avuto, secondo te, il suo Napoli che è mancato alle altre squadre in questo campionato?

Il Napoli per me non è stata una sorpresa. La gente si dimentica presto ma il Napoli, l’anno scorso, è stata la squadra che, insieme al Milan, nelle prime dieci partite ha praticamente sempre vinto. Se il Napoli avesse battuto nello scontro diretto di primavera o di tardo inverno, il Milan, gli sarebbe andato davanti. Poi è stato più bravo il Milan che ha vinto, ha battuto il Napoli e si è staccato. Ma quando tra i favoriti per lo scudetto non mettevano il Napoli, per me era una pazzia. Forse non si prevedeva che fosse così bravo, ma non era certo una sorpresa. Ciò che è stata una sorpresa è stata la grandezza del Napoli, perché non si pensava fosse così grande. Ma il Napoli ha continuato un cammino iniziato l’anno precedente.

Ad eccezione del Napoli, quindi, qual è stata la squadra che ti ha particolarmente sorpreso quest’anno?

La Lazio. Pensavo che la Lazio, come purtroppo già capitato, si sgonfiasse un po’ nel finale. Invece è stata brava a ripartire. Quindi questa per me è stata la sorpresa.

A luglio cominciano i Mondiali di calcio femminile. Ci sono diverse calciatrici del Milan che raggiungeranno le rispettive nazionali, tra cui anche quella italiana. Quali sono le speranze azzurre in questo torneo? Sono ancora gli Stati Uniti la squadra per eccellenza da battere?

Penso che gli Stati Uniti siano un passo avanti, così come anche qualche squadra nordica. Seguiremo con simpatia l’Italia. Sono contento che la Rai abbia preso i diritti. Poi io ho un buon rapporto con Valentina Giacinti, che sarà la nostra solita guida, quindi mi auguro che nel nome di Valentina Giacinti e di qualche giocatrice del Milan si possa arrivare a grandi risultati.

Rimanendo in ambito internazionale, l’Italia ha portato 3 squadre in 3 finali europee. Ancora però l’appeal del nostro campionato è minore rispetto alla Premier League. Cosa si dovrebbe fare per riportare la Serie A ai fasti di un tempo?

Rispondo come risponderebbero i dirigenti del Milan: lo stadio nuovo! Anzi, rifaccio la frase: gli stadi nuovi! Gli stadi nuovi sarebbero una spinta. L’hanno capito le proprietà americane, l’ha capito la proprietaria americana della Roma, l’ha capito Commisso, l’ha capito il Milan. Ecco come si fa a colmare il gap. Senza stadi nuovi sarà molto difficile.

Concludiamo parlando di Carlo Pellegatti nel suo ambito professionale. Tu hai fatto la telecronaca a tantissime partite che sono tutte caratterizzate dai soprannomi dati ai giocatori del Milan e a parte dello staff. Come hai avuto questa idea? C’è o ci sono dei soprannomi a cui sei più legato?

Me lo chiedono spesso, ma è abbastanza casuale. Ho iniziato prima dando solo il nome al giocatore tipo, non so, Leao, Rafa. Poi a poco a poco ho iniziato. Ce ne sono bellissimi anche dopo, ma magari ai primi sono più affezionato: Mahatma la grande anima Baresi, il collo d’acciaio Hateley, Filippo Galli lo squalo bianco di Villasanta, Nano gigante Icardi che è stato un giocatore magari non celebratissimo, ma allora era proprio un nano ma gigante. Nano gigante credo fosse anche un liquore, una bevanda piccolina, bella fredda, che si usava una volta, piccolina ma molto forte. Si diceva nano gigante. Questi sono i soprannomi, i primi che voglio sempre ricordare.

Nella tua biografia, che c’è anche su Instagram, si legge “rossonero dal 1957”. Perché proprio da questa data? C’è un avvenimento particolare?

Il mio primo campionato è stato quello del 1958/59. Ricordo un’invasione di campo dopo la vittoria del campionato nel 1959, io ero con mio padre, ero piccolino, non sono entrato in campo però la ricordo bene e allora lo faccio un po’ partire da lì. Ho visto il Milan anche qualche anno prima, però i ricordi sono vaghi. Invece il ’58-’59 ho visto il Milan vincere sull’Inter quando ha vinto 5 a 3… quindi ho i primi bagliori di ricordi.

Ultima domanda: sei il giornalista milanista più famoso d’Italia, c’è un’intervista che ti è rimasta nel cuore e una che, invece, ti è risultata particolarmente difficile fare?

Un’intervista che mi è rimasta nel cuore… diciamo le interviste con Silvio Berlusconi, di cui abbiamo parlato anche all’inizio. Erano interviste particolari perché bisognava essere preparati e bisognava fare domande intelligenti e stimolanti. Poi bisognava essere bravi quando lui faceva la chiusa: facevi cinque, sei, sette domande, poi lui a un certo punto faceva una chiusa aulica. Se tu a questa chiusa aulica, gli fai un’altra domanda, è come se cadesse tutto il castello. Bisognava capire, lui aveva il senso della televisione, chiudeva in una certa maniera perché il pezzo si chiudesse forte. Anzi, i pezzi devono sempre iniziare e chiudere forte perché la gente, se chiudi male, non si ricorda neanche dell’intervista.

Quelle invece un po’ più imbarazzanti direi quelle dopo una brutta sconfitta. Per esempio, intervistare Ancelotti dopo Istanbul non è stato facile. Però, come diciamo noi tifosi del Milan, dopo Istanbul viene sempre un Atene.

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