Intervista esclusiva: Pengwin si racconta tra tips, scommesse e strategie
In questa intervista esclusiva, Pengwin racconta come è nata la sua professione di tipster, come è diventato quello più popolare d’Italia e dà dritte e consigli su come affrontare al meglio il mondo delle scommesse sportive, fornendo delle strategie di gioco davvero interessanti.
Kristian, iniziamo con la spiegazione di una definizione e chi meglio di te ce la può fornire: chi è il tipster?
Tecnicamente il tipster è colui che ti fornisce le tips. Quindi per parlare un po’ terra terra, colui che cerca di darti i migliori pronostici riguardanti gli avvenimenti sportivi. Nel mio caso mi concentro principalmente sul calcio e quelli che sono i top campionati, però il tipster è colui che deve cercare di trasmetterti e fornirti più informazioni possibili per quanto riguarda la partita, quindi non concentrarsi sul mero pronostico. Al di là della tip c’è anche tutto un discorso di informazione, di dati, di curiosità.
Come sei diventato tipster? Dove nasce il tuo nome, Pengwin?
Ho cominciato il mio percorso da molto, molto giovane. Volevo diventare giornalista sportivo, quello era il mio obiettivo. Non avevo in mente di entrare nel mondo delle quote, anzi, in realtà quando ho cominciato a seguire il pallone, il mondo delle quote non lo conoscevo assolutamente. Al principio aprii una pagina su Facebook per cercare di trasmettere questa mia passione per il pallone.
Volevo creare una community di appassionati calcistici come me dove poter chiacchierare e commentare appunto il calcio. Ho aperto la mia prima pagina su Facebook con gli Europei del 2012 che si sono disputati in collaborazione tra Polonia e Ucraina. Io sono originario polacco e per me quello era un evento storico per la mia terra. Da lì sono entrato in contatto con le poche persone che iniziavano a seguirmi e che mi chiedevano di approfondire il monde delle quote. Ho iniziato ad informarmi sul web, a capire come funzionasse. Col passare degli anni ho creduto sempre di più in questa materia, ho capito che poteva essere qualcosa che da una parte mi appassionava, il calcio, e dall’altra parte mi affascinava.
Penso sia un settore molto delicato, dove più esperienza accumuli e acquisisci e più bravo riesci a diventare. Ma non tanto con i pronostici, ma più che altro il modo in cui approcci questa materia e soprattutto il modo in cui tu la vivi e riesci a porti determinati paletti.
Il nome Pengwin l’ho scelto perché appunto avevo aperto questa pagina su Facebook che si chiamava inizialmente Il Pinguino e poi Il pinguino sbancatore. E può sembrare strano, ma mi ero ispirato semplicemente al fatto di dover darmi un nomignolo, uno pseudonimo, perché inizialmente non ci mettevo la faccia. Lavoravo in un’acquapark di Latina che come logo aveva un pinguino. Mi ero ispirato a questo pinguino, ma così per puro caso: dovevo scegliere un nome, ho scelto il pinguino, ho aperto questa pagina su Facebook e da lì sono diventato il pinguino per tutti i miei amici. Poi ci ho giocato trasformandolo in Pengwin, pinguino vincente, che è quello a cui ambisco ogni volta che faccio un pronostico.Essere vincente è senza dubbio una delle tue qualità. Oltre a questa, quali pensi siano le doti che non devono mancare a un buon tipster e quali ti hanno permesso di diventare il tipster più popolare in Italia?
Per essere un buon tipster non penso sia tanto una questione di pronostici vincenti, quanto più di approccio alla materia, di come riesci a gestire la tua testa e come riesci a gestire il rapporto con il gioco. Faccio un esempio, se su 10 pronostici ne hai preso 1 ma su quell’uno che hai preso hai investito nella maniera corretta, sei stato in grado di fare il giusto lavoro; diciamo a livello di gestione di budget, potresti potenzialmente aver guadagnato.
Ci agganciamo anche al discorso della popolarità, però quel che conta per me è la capacità di avere un certo tipo di distanza dalla materia. Io la tratto come se fosse qualcosa di scientifico pur non essendo una cosa scientifica: ho un mio metodo, non gioco tutti i giorni, non gioco su tutto, ho le mie regole prestabilite, ho una gestione del budget. Quindi un buon tipster deve avere sì una buona percentuale con i pronostici azzeccati, ma soprattutto un metodo di gioco, la testa, la responsabilità e un approccio sano ad una materia che comunque rimane delicata.
Penso di essere diventato così tanto seguito per i risultati che ho conquistato nel tempo e per il fatto di essermi sempre esposto. Le persone sanno il pronostico e sanno l’analisi che ho fatto, quindi vedono quando ci prendo e quando invece sbaglio. Questo è un mondo dove ci sono tante persone che cercano di illudere il prossimo facendo credere che si possa vincere sempre, che è sempre tutto rose e fiori, che si possono fare soldi facili. Io questo non l’ho mai promesso. Quello che io prometto è competenza, dedizione e passione.
Come hai detto tu, essere un tipster è diventata una professione ma, anche attraverso i social, ci sono diversi “personaggi” che si definiscono esperti di pronostici per arrivare a guadagni facili. Qual è il tuo punto di vista su questa faccenda?
Purtroppo è così e questo non lo possiamo evitare. Lo possiamo circoscrivere solo attraverso l’educazione e l’intelligenza delle persone. Io offro un servizio gratuito, è ovvio che ho un business, ma non è un business centrato sul chiedere soldi al mio pubblico. Questi “personaggi” dovrebbero essere chiamati con il loro reale nome. Non proprio truffatori ma gente che cerca di illudere persone per fare guadagni facili. Come tutti i settori dove girano soldi, anche questo è un settore ambito da chi vuole fare truffe. Però ripeto, confido nell’intelligenza delle persone.
Il settore è quello delle scommesse sportive che, ancora oggi, è soggetto a molti pregiudizi. Quali sono i tuoi consigli a chi si avvicina adesso al betting?
Il mio primo consiglio è quello di non cascare mai nella trappola dell’illegalità perché, come abbiamo visto anche con i calciatori, gli ambienti illegali gestiti nella maggior parte dei casi dalla criminalità organizzata, ti portano poi a fare cose che probabilmente nella sfera del legale tu non avresti mai fatto. Perché? Prendiamo proprio il caso dei calciatori. Abbiamo visto di che cifre si è parlato su un sito illegale. Tutto questo non sarebbe mai potuto succedere invece su un sito legale, perché ti controlla, ti traccia, ti permette di fare quello che è alla tua portata, altrimenti ti blocca il conto. La ludopatia esiste ma non deve diventare un alibi.
Quindi, la prima cosa è capire cosa vuol dire piattaforma legale e piattaforma illegale, quali sono i vantaggi di una piattaforma legale e quali sono i rischi e gli svantaggi di una illegale. A parte questo, poi c’è il discorso della testa: questo per una persona che non lo fa di professione deve rimanere un gioco, perché non si può pretendere di andare a fare degli investimenti. È fondamentale essere consapevoli di quello che si sta facendo, utilizzare la testa ed essere super responsabili. Se siamo delle persone che possiamo permetterci di spendere 5€ ogni weekend, dobbiamo vivere per quella che è la realtà. Ci sono persone che invece non riescono, che magari hanno l’approccio compulsivo e se noti quel dover fare ad ogni costo un qualcosa, vuol dire che già sei sulla strada sbagliata ed è meglio che fai un passo indietro piuttosto che continui ad andare avanti.
Quando tu hai iniziato eri molto giovane. Hai dichiarato che “ti sei scottato”, ovvero hai vinto ma anche perso somme importati. Se potessi tornare indietro, quali sono gli errori che non rifaresti?
Il mio grande errore è stato quello di avvicinarmi a questo mondo ad un’età troppo piccola, non ero ancora consapevole di quello che effettivamente stavo facendo. Come dicevo prima, io ero una persona accecata dalla voglia di ottenere risultati: quello che magari avevo vinto in mesi, ero in grado di buttarlo alle ortiche in un paio di settimane. Tutto questo per fretta, per un pensiero di mero guadagno che mi ha portato a sviluppare, non dico una malattia, ma a vivere una fase in cui non ero in grado di gestirmi. Ho fatto tesoro di quell’errore e 10 anni dopo sono decisamente più consapevole e so cosa devo fare e non fare.
In questo lungo periodo, ci sono state una scommessa che hai vinto e una che hai perso che ti sono rimaste particolarmente impresse?
Di solito, esulto o mi incavolo non per la scommessa in sé ma per tutto quello che c’è dietro. Una però che mi ricordo, quando avevo già iniziato ad avere un po’ di pubblico, è una multipla che durava per tutto il weekend, che iniziava il venerdì e si concludeva con la partita allo Stadium. Credo fosse Juventus – Lazio, ma prima c’era anche una partita di Serie B, dove avevo giocato una doppia chance e la mia squadra è andata sotto per 3 volte e per 3 volte era stata in grado di rimontare. Quella a livello di emozioni è stata la più bella perché c’era di mezzo anche un moltiplicatore importante.
Se te ne dovessi dire una mia personale, quando ho giocato l’Inter di Antonio Conte che vinceva lo scudetto a gennaio antepost su una quota di super valore. Poi anche l’Argentina vincente all’ultimo mondiale.
Rimanendo in tema emozioni, tu in un’intervista ha dichiarato: “una cosa più la conosci, più la sai prevedere”. Qual è la componente della fortuna, invece, all’interno delle scommesse sportive, c’è o non c’è?
Ovvio che c’è. Alla fine si tratta di uno sport e a volte un tiro calciato un po’ più esterno piuttosto che interno, può essere palo anziché gol, e un portiere che fa un miracolo o una papera può cambiare le sorti del match. La componente fortuna c’è, ma penso sia anche una questione di probabilità. Quando fai una cosa in maniera ripetitiva, magari 9 volte su 10 va tutto bene, e poi c’è quella volta in cui va tutto storto. Tu puoi studiare un evento, puoi ragionare su quello che è quell’evento, ma non puoi prevederlo al 101%. I pronostici non sono una scienza esatta, non sono matematica. Puoi essere molto competente e bravo a trovare informazioni, a saperti muovere nei mercati in base alle loro oscillazioni. Però poi alla fine entrano in campo undici anime contro altri undici anime, quindi la fortuna c’è, esiste.
Abbiamo capito che non compi quindi riti scaramantici. Quali sono invece i passaggi che fai prima di dare un pronostico definitivo?
La prima cosa che faccio è cercare di analizzare il match senza guardare le quote, perché le quote me le devo costruire in testa da solo, senza essere influenzato dai mercati o dai quotisti. Devo capire innanzitutto come arrivano le squadre: in questo momento queste squadre come le ho viste, in salute, in fiducia? Il fattore mentale nello sport per me è il 90%. Poi comincio a studiare i numeri di queste squadre attuali quindi i dati e le statistiche di questa stagione. Poi è un altro fattore è quello di andare a vedere poi le formazioni: se una squadra gioca con o senza un determinato giocatore, può fare la differenza.
Un’altra cosa che mi piace tanto sono i precedenti: tutto quello che è venuto prima di questa partita. Molti dicono “ma è un’altra squadra”, ma non è per forza così. Ad esempio, la Lazio, quando va a San Siro, spesso e volentieri è una squadra che soffre da un punto di vista mentale. Perché? Perché storicamente sa che entra lì e sa che fondamentalmente ha sempre perso.
Una volta che mi sono fatto tutta questa disamina sotto tutti questi punti di vista vado a vedere anche le curiosità sulla partita. È un po’ come se fosse un puzzle e piano piano si comincia a costruire tutto questo schemino.
Solo a questo punto, vado a guardare e a studiare l’andamento delle quote. Se una partita vedo che magari ha un ribasso della quota, cerco di capire perché quella quota sta calando, o perché sta salendo, perché ricordiamoci che dietro ad ogni movimento di mercato c’è una motivazione. Quindi, rivado di nuovo a ricercare tra le mie fonti da cosa può essere dettato questo movimento di quota. Se trovo qualcosa me lo spiego, se non lo trovo mi do un’altra motivazione e poi da lì vado ad analizzare proprio quello che è il mio pronostico, cercando quello che è il mercato più consono, non solo 1X2 o Gol/No gol.
Sui pronostici di calcio vai fortissimo, hai mai sperimentato altre categorie tipo le scommesse virtuali o quelli sugli eventi come i vincitori di un programma TV?
Non nego che ho fatto qualcosa sull’Isola dei Famosi qualche anno fa, ma solo per un motivo, perché avevo un mio amico che era andato all’Isola dei Famosi e volevo puntare su di lui. Quindi, fondamentalmente, zero studio, zero niente, semplicemente tifo. Però di base, sono proprio contro qualsiasi forma di gioco che sia aleatorio o totalmente casuale: per me le scommesse sono un gioco d’abilità. Non sono semplici numeri o non sono delle macchine come le slot dove semplicemente continui a cliccare. Il mondo dei casinò non mi affascina.
Allora torniamo subito alle scommesse sportive classiche e soprattutto focalizziamoci sulla strategia che abbiamo capito essere la componente che ti piace di più. Quando vai in singola e quando invece opti per una multipla?
La multipla è più un modo per rendere contenta la mia fanbase. Se dovessi fare una cosa solo per me, mi concentrerei solo sulle singole moltiplicatore 1.80 a 2.50. Questo è il moltiplicatore che prediligo io, anche perché più vai alto di moltiplicatore più stai rischiando. Quindi, anche per una questione probabilistica, di matematica pura, cerco di non esagerare. La strategia con cui opero è cercare di semplificare sempre la vita per ridurre all’osso il rischio che poi comunque rimane perché si tratta pur sempre di una scommessa. È sicuramente una cosa che consiglio anche alle persone, che invece tendono a fare il contrario, ovvero continuare ad aggiungere carne.
Visto che le giocate in multipla sono molto richieste, hai un numero di eventi oltre i quali non vai perché diventerebbe troppo rischioso?
Tendenzialmente strutturo le multiple in modo da sfruttare anche i bonus multipla. Per non esagerare 8, 9 o 10 sono il totale degli eventi che solitamente inserisco in una multipla. È già complicato così, figuriamoci se andiamo oltre.
Tu preferisci focalizzarti su un’unica competizione o puntare su diversi campionati? E soprattutto, hai notato se ci sono dei campionati in cui è meglio puntare perché si trovano delle value bet?
Dipende perché per l’exchange tendenzialmente faccio un po’ tutti i top campionati europei, quindi non mi pongo limitazioni. Però l’exchange lo baso tanto sui movimenti di mercato, quindi sulle info, sulle informazioni che riesco a raccogliere e i movimenti dei market. Discorso diverso per i pronostici. Lì mi concentro sui top campionati. Come dicevo prima, più in una cosa ci sei dentro e meglio la conosci, per questo la Serie A è sicuramente la competizione che mi piace di più sia da analizzare, sia per farne pronostici.
Sono venute fuori tante tipologie di scommesse e di mercati, ma non abbiamo ancora parlato delle scommesse live. Tu ci giochi, le utilizzi o preferisci puntare sulle antepost e prematch?
Penso che a livello di logica, le scommesse live siano le più convenienti. Per esempio, se in prematch può esserci una partita dove tutti si aspettano dei gol, ma nei primi 20 minuti i gol non arrivano, un Over 2.5 che partiva a 1.40 o 1.50, te lo potresti ritrovare quasi al doppio della quota. Quindi, sono un estimatore delle live e le propongo ma nel momento in cui ha senso prendersi quei rischi. Di solito, faccio una scrematura del palinsesto per individuare i possibili mercati dove potrei intervenire live. Ma ripeto, intervengo solo quando capisco che tutto è allineato e ha senso prendersi quel rischio.
Con il nuovo regolamento sulle scommesse sportive è stato introdotto il cash out. Cosa ne pensi di questa funzionalità, l’hai mai utilizzata e soprattutto a che tipo di scommettitore può essere utile?
Sì, il cash out è un utile per ciascun tipo di scommettitore, fermo restando che bisogna vedere come è stato inserito nei siti e se effettivamente vale la pena, perché se ti manca una partita e ti dimezzano la vincita devi essere anche un po’ bravo a capire l’effettivo valore di quel cash out. Io arrivo dal cash out dell’exchange, quindi sono abituato proprio al cash out del trading sportivo e dal mio punto di vista è utile soprattutto per chi fa exchange. È fondamentale sia per stoppare le loss che per incassare le win. Ma anche in questo caso, bisogna saperlo utilizzare in maniera intelligente.
Hai nominato più volte il betting exchange. Quali sono i vantaggi nel conoscere il betting exchange? E tra i vari modi in cui ci si può muovere nel trading sportivo, quali sono quelli più efficaci per ottenere profitto?
Il betting exchange è una materia, secondo me, non per chiunque, perché bisogna avere un minimo di conoscenza. Non è per la persona che vuole arrivare con 5€ e provare il colpo, la sbandata, il divertimento. Non c’è spazio per gli amatori bisogna conoscere bene la materia, bisogna sapersi muovere nella piattaforma e i vantaggi dell’exchange sono innumerevoli. Io personalmente utilizzo l’exchange veramente come forma di investimento e forma di investimento significa che devi avere anche qui delle regole. Il grande vantaggio dell’exchange è che, fondamentalmente, essendo scommesse è tassato per sua natura già alla base, quindi l’incasso è pulito.
Tanti utilizzano il mercato dell’exchange come se fosse una normale piattaforma di scommesse. E invece il bello dell’exchange è saperlo navigare come se fosse veramente trading. Deve essere un surfare sulle quote, non cercare di ottenere profitti attraverso le strategie. Se una persona vuole divertirsi, allora il mio consiglio è quello di rimanere nel mondo delle quote e dei pronostici tradizionali.
Abbiamo visto queste nuove funzionalità e modalità. In cosa pensi si sia evoluto maggiormente il betting negli ultimi anni e come pensi si evolverà in futuro?
Penso che si sia evoluto nella nell’offerta che ti propone. Siamo partiti da 1X2 e siamo arrivati al mercato marcatore plus. Quindi l’offerta è in continua evoluzione anche perché il pubblico è molto più educato, non è più la persona che va in una sala giusto per puntare il 3-1 della Lazio o il 2-1 della Juve. Il pubblico vuole ottenere un qualcosa da questo mondo perché ha percepito che si può uscire da quella grande fetta di giocatori perdenti, ignoranti.
Questo ha portato i brand a dover offrire al pubblico un qualcosa di più. Perché se rimani un brand statico, che non offre quel qualcosa di più che il pubblico si aspetta, ecco che rimani indietro.
Per concludere, data la tua lunga esperienza, ci sono dei consigli, delle dritte o dei suggerimenti finali che vorresti dare agli scommettitori?
Concludo con quello che ho già detto nel corso di questa intervista: la testa, il cervello e la consapevolezza sono le fondamenta per affrontare questo mondo. Ci vuole poi anche tanto studio, perché tanti prendono il mondo del betting come semplicemente il mondo del gioco d’azzardo. Dipende come lo vivi. Io l’ho sempre vissuto con una voglia e una tendenza di scoprirlo sempre di più, di informarmi, di studiare, di capire i mercati, di conoscere proprio con la voglia di esplorare. Quindi come tutte le cose, ci vuole tempo, ci vuole dedizione, ci vuole studio.
È fondamentale approcciare questo mondo con intelligenza, con intelligenza e responsabilità. Non fare cavolate, non fare cose che poi fanno del male a noi stessi. Quindi questa è la cosa fondamentale. Lavorare su se stessi è ancora più importante prima di prendere, di buttarsi sul palinsesto, di buttarsi sui pronostici e soprattutto prima di attingere dalla nostra tasca per mettere i soldi su un qualcosa. Diamo valore a questi soldi, diamo valore prima alla nostra persona come tale e poi ai nostri soldi, perché questo è fondamentale.