Veronika Yoko Plebani: storia di una ragazza che non si arrende

Veronika Yoko Plebani non solo sta riscrivendo la storia dello sport paralimpico, ma è ormai un punto di riferimento a livello mondiale, quando si parla di lotta contro gli stereotipi e accettazione del proprio corpo. Ecco perché.

La storia di Veronika Yoko Plebani

Veronica Yoko Plebani è nata nel bresciano il primo marzo del 1996. Sua madre, ventotto anni fa, ha deciso di chiamarla Yoko, che è il nome che in Giappone viene dato alle ragazze quando nascono nei primi mesi della stagione primaverile. E se la vita, sino ad oggi, non è stata certo tutta rose e fiori, c’è da dire che Veronica Yoko di allori e dolcezze ha provato a costruirne tante, nonostante circostanze che non le hanno certo facilitato il percorso.

Atleta italiana fra le più vincenti di sempre, ha vinto più di trentacinque medaglie gareggiando in competizioni paralimpiche di snowboard, kayak e triathlon, disciplina in cui si è aggiudicata anche la medaglia di bronzo a Tokyo 2020. Paralimpiche, sì, perché all’età di 15 anni Veronica venne colpita da un caso acuto di meningite batterica, una malattia che lasciò segni molto profondi su tutto il suo corpo, in particolare su braccia e gambe, che restarono per sempre danneggiate e duramente cicatrizzate.

Snowboard e bandiera italiana

La storia di Veronika Plebani tra snow e sport sport paralimpici

Da quel momento in avanti, la vita di Veronica è diventata prima una sfida contro se stessa, poi un tentativo, riuscito, di dimostrare come la sua nuova realtà potesse essere considerata a tutti gli effetti un pezzo importante della nostra normalità. C’è un episodio che, più di ogni altra cosa, racconta bene della determinazione di questa straordinaria ragazza.

Per fotografarlo, bisogna tornare indietro al 6 novembre del 2011, e volare a New York. In quel giorno infatti, pochi mesi dopo essere stata dimessa dall’ospedale, Veronica partecipa con suo padre alla corsa da cinque chilometri organizzata all’interno delle manifestazioni collaterali alla Maratona di New York.

La spinge in padre in carrozzina ma poi, a pochi metri dall’arrivo, Veronica si alza e compie gli ultimi passi fino al traguardo. Quei passi saranno i primi di Yoko dopo le infinite settimane di malattie, e saranno dei passi di straordinaria importanza, perché la aiuteranno a capire quanto decisivo potrà essere il movimento, lo sport, per ripartire.

In tante interviste Veronica ha raccontato della sua difficoltà iniziale nell’accettare il suo nuovo corpo, di come pensasse che quel dolore non se ne sarebbe andato mai. Poi però si è resa conto che grazie all’attività sportiva si sarebbe potuta riprendere un pezzo di mondo, ed è così che si è avvicinata al Kayak Canoa Club Palazzolo, il gruppo canoistico della sua città, a Palazzolo sull’Oglio.

I risultati sono arrivati quasi subito, sia in ambito italiano che internazionale. A sedici anni diventa campionessa junior nella prova di K1 TA discesa classica fluviale 2000 metri. Fra il 2013 e il 2016 conquista, fra le altre cose, il titolo nelle discipline di K1 TA 3000 metri, K1 TA maratona, K1 TA 200 metri, K1 TA 500 metri e 1000 metri, vince alla Coppa del Mondo assoluta di paracanoa e conquista il primo posto nel K1 200 metri ai giochi assoluti europei di paracanoa in Germania.

La sua è una lunga sequenza di vittorie, che la porterà sino alla medaglia di bronzo nel thriatlon, disciplina che comincia a praticare dal 2017, alle Olimpiadi di Tokyo di quattro anni fa. Senza dimenticare lo snowboard, una grande passione che l’ha vista impegnata anche alle Olimpiadi di Sochi 2014.

Rappresentare il mondo della disabilità evitando gli stereotipi

Il successo più importante di Veronica non è però, forse, quello sportivo, quanto piuttosto legato al cambiamento che, in parte, è riuscita a veicolare tramite la sua immagine. Più volte la ragazza bresciana ha sottolineato come sia fondamentale dare rappresentanza a tutte le persone che in ogni parte del mondo convivono con una disabilità, normalizzandone l’esistenza.

Secondo Veronica, infatti, è attraverso la rappresentanza che si desensazionalizzano le problematiche fisiche, un qualcosa che dovrebbe essere riportato in maniera più forte e costante dentro il discorso sociale collettivo, soprattutto se consideriamo che il 15% della popolazione mondiale deve fare i conti con una disabilità.

Proprio in questa idea di dover costruire rappresentanza, Veronica Yoko Plebani va molto oltre lo sport. Le sue cicatrici sono già state in mostra ad esempio, sulla copertina di Vogue, anche perché la ragazza spesso lavora come modella. Inoltre, Yoko studia Scienze Politiche all’università di Bologna (la sua tesi si concentrerà sui diritti delle atlete) e mantiene costantemente attivo il suo profilo Instagram, che conta oltre ottantamila followers. E ha scritto anche un romanzo, edito da Mondadori nel 2020: Fiori affamati di vita.

Bisogna certo rispettare, e capire, anche il fatto che non tutti riescono a mostrarsi nella loro disabilità. Nemmeno Veronica, all’inizio, era convita di farsi vedere in pubblico nelle nuove condizioni del suo corpo. Con il tempo, però, si è resa conto che il suo impegno poteva diventare importante per provare a fermare i pregiudizi, a costruire la cosiddetta “body positivity”.

Le sue prime foto in costume da bagno sono ancora oggi di ispirazione per migliaia di persone, un altro esempio di coraggio e di impegno di Veronica Yoko Plebani, un’atleta, una persona meravigliosa.

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